Uno dei maggiori danni creati dal “berlusconismo” è sicuramente la degenerazione della ricerca del consenso personale. Mi sembra chiaro che l’oggetto della politica è diventata la politica stessa. Non ci sono più progetti di ampio respiro, progetti collettivi. Tutto è ridotto al piccolo interesse personale, di bottega. Il programma di un partito o di una coalizione, i loro valori sono diventati una variabile dipendente dal consenso, la politica è una professione come un’altra, retta solo da interessi di parte. E molte persone, di certo non le migliori risorse del Paese, scelgono la politica come mestiere da cui trarre vantaggio personale. Se io riduco la politica ad uno strumento di mantenimento della mia sopravvivenza allora la deriva morale diventa il rischio principale: prometto e non mantengo, non rispetto la memoria, non rispetto le regole e vado a caccia di accordi che mi assicurino la sopravvivenza. Devo inoltre dire che questo modo di concepire la politica si è allargato a macchia d’olio: dalla periferia al centro, dal piccolo politico al politico famoso. Io dico che l’inquinamento non risparmia nessuno: destra e sinistra, innovatori e conservatori si sono mescolati un magma indistinto. Sembra che l’asse dell’agire politico sia orientato solo a governare, dimenticando il proporre: il programma, ripeto, diventa una variabile dipendente del consenso. Così, secondo me, la politica muore.