E’ stato intimato il “cessate il fuoco” al regime di Damasco e, inutile precisarlo, ai ribelli, così da poter ristabilire un clima adeguato per la ripresa dei monitoraggi.
“Il governo siriano deve cessare immediatamente l’uso di armi pesanti e dei bombardamenti in aree popolate, poichè tali azioni ammontano a possibili crimini di guerra e contro l’umanità”.
Sebbene siano state uccise ben 52 persone (19 i militari di Assad) nelle ultime 24 ore, superato il timore iniziale, emerso ieri subito dopo le prime vittime tra gli attivisti, ecco che ora l’ONU si dice pronto a riprendere la propria attività di monitoraggio “quando entrambe le parti lo consentiranno”.
Al naturale istinto dell’autoconservazione, essendo seriamente a repentaglio la propria incolumità, è stato pressochè subito anteposto, stando alle dichiarazioni di Susan Ghosheh – portavoce degli osservatori ONU a Damasco – l’obbiettivo della missione: “dialogare con i civili e le forze in campo, per capire cosa sta accadendo”.
Premesso il repentino mutamento della posizione dell’ONU rispetto agli avvenimenti in Siria, è particolarmente significativo che le Nazioni Unite abbiano preso in considerazione, seppur per un giorno soltanto, l’ipotesi di lasciar naufragare il monitoraggio sul cessate il fuoco dello scorso 12 aprile. Tutto ciò non è altro che un sintomo di quella che è la drammatica situazione in cui versa la popolazione siriana, oramai da oltre un anno, a cui tutto il mondo sta assistendo pressochè inerte, inviando gli attivisti privi di un’adeguata protezione; è infatti palese come non sia più sufficiente , e quindi riconosciuta, l’autorità dell’ONU in questa guerra civile, per tutelare coloro che rischiano la propria vita ogni giorno in nome di un dialogo ad oggi tanto auspicabile quanto lontano.
Giuliasofia Aldegheri