La mattina del 29 sono andata dalla dottoressa, che non ha trovato poi così scontata la mia richiesta di certificato di sana e robusta costituzione, dato che mi mancavano sia l'una che l'altra.
E da lì ancora analisi, ancora imbarazzanti sedute sulla bilancia, fino alle fiale in dosaggi da cavallo che hanno permesso ad almeno 4-5 chili di tornare sulla retta via.
Da allora ho fatto tanti progressi, ho abolito quasi del tutto le schifezze da supermercato, mangio pesce, insalata e torte fatte in casa, pasta tutti i giorni e mi limito nella carne e nelle uova. Quando vedo una persona a dietra vorrei strozzarla con le mie mani. Odiare il cibo è odiare la vita. Non so se esiste un qualche nome scientifico per quello che ho vissuto, non ero io a odiare il cibo ma il mio corpo a scocciarsi del suo passaggio, vomitavo a intervalli casuali e la nausea era mia compagna di strada, nausea per il cibo e per la vita, vita che non smetteva mai di ricordarmi quanto fosse indegno il mio pretenere di contare qualcosa.
Quelle graduatorie e la paura della malattia, una paura che oggi mi fa amare il cibo e la vita e mi ricorda che non è la malattia a distruggerci ma noi stessi a non volerci sani.