Ho letto un interessante articolo sul “Sole24 Ore” stamattina. Parla di quanto sia costato all’Italia lo spegnimento delle centrali nucleari 23 anni fa. Premetto ancora una volta che ritenni, all’epoca, perfettamente ragionevole farlo; tant’è che votai anche io per lo spegnimento: era umanamente comprensibile avere paura, dopo Chernobyl. Eppure, quella rinuncia ha avuto un costo che si è potuto misurare nel medio-lungo periodo. Esattamente come accade per i benefici, di cui ho già parlato altre volte. Insomma, per farla breve, la Bocconi ha confezionato uno studio per valutare l’impatto economico di quel NO, il cui titolo è ‘I costi del mancato sviluppo nucleare in Italia’. Si parla di una cifra che oscilla fra i 28 e i 44 miliardi di euro. Per comodità forse potremmo contarne 36.. una bella somma, che ha sfogato gran parte dei suoi effetti sul prodotto interno lordo. Il che è facile da capire, dal momento che spegnere i reattori (Caorso era praticamente nuova e la Montalto non entrò mai effettivamente in servizio) non solo avvenne da un giorno all’altro, ma a ciò si aggiunsero tutte le dovute conseguenze: un’intera filiera chiuse i battenti. E questo significa che tutto il nostro sapere (scientifico, tecnico, universitario e tecnologico), tutte le risorse umane, tutte le industrie, la ricerca e lo sviluppo (campi in cui eravamo onestamente all’avanguardia).. andò pressoché tutto in archivio. Dall’oggi al domani. Ho molto apprezzato l’equilibrio mostrato nel dire che, spenti i reattori, l’Italia ha egregiamente sviluppato negli anni il ciclo combinato a gas (e non solo, aggiungerei..), arrivando a posizioni di tutto riguardo nel mondo. Oltre ai 4 reattori, dicevo, vanno contati anche gli altri 5 originariamente previsti dal piano energetico nazionale (fra cui Montalto di Castro), che non sono mai entrati in servizio o non sono stati più costruiti. Si parla di altri 8mila megawatt di cui l’Italia avrebbe dovuto disporre. È nata la Sogin (che è ancora attiva peraltro) per lo smantellamento dei reattori, è stato introdotto in controverso piano Cip6 e via dicendo. Certo, l’Italia ha trovato altre strade, come si ha modo di leggere nell’articolo: il ciclo combinato a gas, il metano.. ammortizzando così il ‘danno emergente’ per quasi tre lustri. Il problema, si legge nell’articolo, è sorto allorchè il prezzo del metano ha iniziato ad impennarsi.. non avere il nucleare ci ha reso dipendenti da altre fonti, le fossili in primis, e questo ha portato delle conseguenze: energia inquinante e prodotta importando materie prime dall’estero a prezzi non sempre ‘stabili’, la necessità di arrotondare (è un eufemismo) comprando altra energia pronta all’uso da paesi confinanti.. energia spesso di origine nucleare! un beffa, a ben vedere. Di fatto l’Italia deve sperare, se parliamo di gas, che la Russia e i paesi confinanti dell’ex blocco sovietico non abbiano attriti fra loro; dobbiamo augurarci che la Francia, per citarne una, possa sempre venderci un po’ della sua sovrabbondante energia nucleare, che petrolio e carbone rimangano stabili e abbondanti.. eccetera. Voi capite in che situazione ci troviamo, vero? Con l’industria che non è in condizione di crescere, ma solo di galleggiare.. Ci troviamo in un limbo: dipendiamo da altri. Non integralmente, beninteso: abbiamo la geotermia, l’idroelettrico, le biomasse, eolico e fotovoltaico (che adoro). Ma non bastano. Se bastassero non acquisteremmo gas, petrolio, carbone ed energia elettronucleare francese; non vi pare? Eccolo: è questo il danno che abbiamo legittimamente e comprensibilmente causato a noi stessi 23 anni fa, votando NO. Lo paghiamo tutti i giorni. Ora possiamo dire “stop, basta: diventiamo indipendenti e moderni una volta per tutte”. Facciamolo. Perchè ripetere due volte lo stesso errore non ammetterà scuse in futuro.
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