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Quanto costano i tuoi desideri? (Perché, nonostante Bisio, non vorrei mai vincere al Lotto)

Creato il 22 gennaio 2011 da Abattoir

Quanto costano i tuoi desideri? (Perché, nonostante Bisio, non vorrei mai vincere al Lotto)Vi sarà capitato almeno una volta nella vita di vedere la fila davanti ad una ricevitoria, e forse con probabilità ancora maggiori avrete visto qualcuno grattare un gratta&vinci, magari presi dal desiderio di sfidare la sorte, ne avete acquistato uno e per un attimo avete riposto le vostre speranze in quel pezzettino di carta colorata sfavillante plastificata, fino alla triste scoperta del solito “ritenta, sarai più fortunato”. Bene, pare che questo tipo di gioco abbia ormai invaso le nostre vite, e che nessuno ne sia immune. Eppure, posso vantarmi di non aver mai giocato una schedina, né i numeri pescati in sogni necrofili di sorta, né tanto meno grattato bande argentate fino a perdere l’uso dei polpastrelli. Non ho mai seguito con interesse la crescita esponenziale dei montepremi del Super Enalotto, e anzi, mi è sempre sembrato angosciante il pensiero della vincita. No, non sono pazza. Tutto quell’affannarsi su numeri e probabilità, inventando sistemi, investendo energie fisiche, psichiche, e monetarie, mi è sempre sembrato malato, oltre che stupido. L’idea che un’intera popolazione versi delle somme di denaro per un unico vincitore casuale mi pare la morte della filantropia: se questi soldi venissero usati per aiutare non uno, ma più poverini, il mondo forse sarebbe un posto migliore. Senza contare le enormi somme che lo Stato, un ente che vorrei ancora considerare al di sopra della misera legge del denaro (che ridere, lo so), si arricchisce forse più col gioco istituzionalizzato, che non con la riscossione delle tasse.

La cosa più triste è che spesso i giocatori sono persone cronicamente disperate, che investono gli ultimi spiccioli in qualcosa di quasi certamente fallimentare, condannando a morte le proprie tasche già vuote, e spesso contraendo debiti, nella speranza della vincita fortunata.

La vincita fortunata. Spesso penso che per me sarebbe tutto, fuorché fortunata. La fortuna, secondo me, è un’altra cosa: è quell’evento imprevisto e vantaggioso che ti agevola nonostante i tuoi handicap situazionali. Non risolve tutti i tuoi problemi, ma scioglie un nodo, piccolo, apparentemente insignificante, lasciandoti comunque il gusto di prenderti il merito. Stai male? Nell’ottica Superenalotto la fortuna è scoprire che in realtà sei immortale: avvenimento poco probabile e così denso di implicazioni negative, che è meglio non pensarci. Nella mia ottica, invece, la fortuna è scoprire di avere la forza sufficiente ad andare avanti, a seguire la terapia, a uscire dalla malattia, e tornare alla salute, apprezzando i giorni in cui il tuo corpo funziona, e il mondo ti sorride, lieto che tu ce l’abbia fatta. Hai problemi sentimentali? Nell’ottica Superenalotto la fortuna è un principe azzurro Biancaneve style, con tanto di cavallo bianco ultimo modello, sorriso ultra white, conto in banca, serenata in rima, e calzamaglia che evidenzi il pacco…regalo che ha in tasca, contenente un qualche fantomatico anello Trilogy. I risvolti negativi di questa ottica sono chiari, ma per i meno veloci dirò: la calzamaglia azzurra con pacco in vista è quanto meno sospetta, oltre che antiestetica, il conto in banca è quasi certamente off-shore, losco, dunque, la serenata in rima è passata di moda quando ancora Jovanotti non aveva generato prole, e tra poco sarà nonno, e l’anello Trilogy è il puntino sulla i contenuta nella parola “patriarcato”, senza dover chiamare in causa i poveri nani costretti a vivere in miniera. Insomma, non proprio questa grande fortuna, ammetterete.

Nella mia ottica, la fortuna è scoprire che esistono rapporti che oltrepassano qualunque confine sociale, qualunque patto istituzionalizzato, che vanno oltre la mera logica post-borghese o patriarcale per cui “Un Debeers è (e te la darà) per sempre”. La fortuna è quel momento irripetibile e fuori dagli schemi, in cui un sorriso, un contatto visivo, una parola scelta bene, ti salvano, accendendo un sole aggiuntivo sulla tua giornata, regalandoti un istante di esistenza vera, poetica, emozionale e, mi ripeto, salvifica.

I problemi economici? Non arrivi alla fine del mese? Questa è la parte più subdola. L’ottica Superenalotto, o 10 e Lotto, prevede che con l’ultimo dei tuoi euro, quando già le tue piccole figlie vanno in giro travestite da piccole fiammiferaie, e non è carnevale, tu faccia la scommessa della vita, quella vincente, quella fortunata. Attesa, adrenalina a mille, estrazione, eeeeevvaaaiii sei ricco. Solo grazie ad una pallozza ripiena di numeri. Solo grazie alla fortuna, alla dea bendata. Potrai finalmente smettere di preoccuparti della bolletta della luce, potrai comprarti l’Enel, ma che dico, il sole. Potrai andare finalmente in crociera con tua moglie, o meglio, ti comprerai una nave. Smetterai di preoccuparti delle spese dell’educazione delle figliolette, non ne avranno bisogno. Potranno finalmente dedicarsi all’apprendimento diretto della zoccolaggine mediatica, e della superficialità dilagante, e a quindici anni uccideranno un coetaneo per noia. Che fortuna.

Però, lo capisco. Avere la costante preoccupazione della fine del mese non è cosa su cui scherzare. E troverai, comunque, sempre persone più sfortunate e altre messe meglio. E però, nella mia ottica, la fortuna è quella scelta apparentemente senza senso fatta in adolescenza: continuare a studiare. E’ quel momento illuminato in cui capisci in cosa devi investire, e a cosa dedicare i tuoi sforzi e le tue fatiche. Non è lo stipendio, è quella serie di eventi che ti hanno portato ad averne uno, ma ancora di più, ad essere pagato per un mestiere che non ti fa schifo. E’ avere attorno a te una famiglia, che sia o no vincolata a te da reali legami di parentela, che ti supporta e comprende quanto è faticoso l’ogni-giorno. La vera fortuna è quel gesto, chiudere la porta del tuo ufficio, o abbassare la saracinesca della tua attività, o guidare la motoape stracarica di verdure alla fine della giornata, e pensare che in fondo, nei limiti dell’umano, e in questa epoca di schifi dilaganti, ti sei salvato, e sei felice.

E Bisio, che in una puntata di Zelig fa più soldi di un ricercatore del CNR, continua a sorridere nello spot in cui “Giocare è facile, vincere di più”. Dare il giusto valore ai propri sogni, invece, è piuttosto difficile.


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