Quanto guadagnano le startup? Un quesito che incuriosisce molti, in particolare chi ha una buona idea ed è indeciso se tentare una nuova avventura in proprio. I case study con acquisizioni milionarie arrivano sulle prime pagine dei giornali (come ad esempio con la recente acquisizione dell’italiana PizzaBo da parte di di JustEat per varie decine di milioni di euro), ma moltissimi sono quelli che, a prescindere dalla bontà dell’idea, non ce la fanno: magari per una commerciabilità del prodotto non immediata, per una scelta errata in fase di finanziamento, per la scarsa preparazione alle logiche dell’impresa moderna.
Sappiamo bene quali devono essere le prime preoccupazioni di una startup che voglia generare profitto, dal concept di partenza, che deve essere innovativo e rispondere alle esigenze di un mercato ben definito, alla capacità di attrazione dei finanziamenti da parte di terzi e angel investors, fino alle forniture essenziali per un’azienda che operi nell’Information Technology, come la connettività aziendale a Internet (su SosTariffe.it si trovano le più convenienti offerte per ADSL e fibra business). Ma è assai difficile dire se sia davvero conveniente affrontare investimenti ingenti per rischiare di vedere perso tutto il capitale.
Ecco perché una mappa di quanto siano realmente produttive le startup italiane è uno strumento prezioso per iniziare a farsi un’idea. Grazie all’ultimo rapporti di InfoCamere dedicato all’universo delle startup innovative nell’ultimo trimestre del 2015, condoto dalla piattaforma web Equidam, si ha un ritratto un po’ più preciso della situazione corrente: da una parte una continua crescita delle startup innovative, che ormai nel nostro Paese sono più di 5.000; dall’altra una capacità di generare fatturato che appare ancora insufficiente, se è vero che solo una su tre aziende di questo tipo riesce a superare i 100.000 euro annui. Nessuna, inoltre, supera i 5 milioni.
Ben più della metà delle startup presenti, 2.721, non ha indicato alcun fatturato, o perché non ha ancora iniziato le operazioni o perché non ha ancora presentato il bilancio annuale. La conclusione è che l’85% delle startup sono ancora nelle fasi iniziali, e naturalmente bisognerà aspettare ancora qualche anno (e gli interrogativi sono molti, dal rischio di esplosione di una “bolla” all’andamento dell’economia mondiale) per tirare le conclusioni.
Ma perché non si riescono a raggiungere neanche lontanamente i livelli di paradisi digitali come quelli della Silicon Valley e similari? Le risposte sono ben note: dalla burocrazia soffocante per le giovani imprese alla mancanza di venture capitalist più arditi, dall’assenza di veri centri di formazione (in questo senso l’apertura a Napoli da parte di Apple del primo centro di sviluppo di app per iOS è un’ottima notizia) a un’arretratezza generica sia del tessuto delle PMI italiane che degli stessi consumatori.
Geograficamente, è il Nord-Est a presentare il maggior numero di startup innovative, con una concentrazione che è massima in Trentino Alto-Adige (95 ogni 10mila società di capitali), mentre la Lombardia presenta il maggior numero assoluto di aziende di questo tipo, 1.122 unità. Notevole la performance delle Marche: non solo sono la seconda regione in quanto a concentrazione di startup, davanti al Friuli Venezia Giulia, ma Ancona si piazza molto bene anche a livello provinciale come incidenza di startup.