Sono in ritardo di qualche mese rispetto alla promessa di scrivere le mie riflessioni sul premio letterario più importante d’Italia, volutamente. Ho preferito aspettare che si chiudesse l’edizione 2015 del Premio Strega, che ognuno parlasse dei suoi libri preferiti, che sponsorizzasse, magnificasse, criticasse almeno uno dei libri in gara.
Non partecipo a questa scelta, che nella maggior parte dei casi (blog, siti, giornali) è di convenienza, e tuttavia parlo del Premio Strega convinto del ruolo importante che riveste. Eliminiamo dunque un primo dubbio: non sono contro lo Strega, lo seguo con un certo interesse, anche se in genere non influenza la scelta delle mie letture. È probabilmente uno strumento usato male. Uno strumento per gli editori, per gli autori, per i lettori. L’ordine non è casuale.
Ogni anno la “corsa allo Strega” prevede le marchette dell’amico scrittore su quel giornale, cantanti e attori che nemmeno ti aspettavi che leggessero si fanno i selfie con i libri consigliati, una massiccia campagna social da parte degli editori sposta certi equilibri. Poi ci sono i complimenti più o meno falsi di persone che non compreranno mai neppure il libro, le foto immancabili del liquore e degli stuzzichini del buffet. Per una sera, almeno sui social, si legge un certo tipo di persone con un’opinione. L’unica opinione dell’anno in merito a un libro. Poi silenzio assoluto. Stregati, part-time. Lo trovo un po’ patetico.
Mi pare che Petrocchi nelle sue conversazioni citi spesso la storia del premio che indubbiamente ha ospitato e dato voce a illustri narratori e scrittori italiani dal dopo guerra in poi, diventando un punto di riferimento per la letteratura in Italia. Certamente bisogna esserne fieri e ricordare con gratitudine l’operato della famiglia Bellonci. Per troppi anni però il Premio Strega si è fossilizzato sulla gloria del passato senza innovare. Dopo settanta anni sarebbe auspicabile dare un’oliata ai meccanismi, renderli più conformi al modo in cui si fa letteratura oggi tenendo conto di ciò che ci si aspetta oggi.
Qual è il ruolo dello Strega?
La risposta a questa domanda penso sia fondamentale prima di qualsiasi critica o elogio. Valutiamolo per quello che è, in altre parole, e poi parliamone. Premetto che io seguo il Premio Strega dall’esterno come tanti altri, questo implica che io non conosca molti aspetti interni, come la maggior parte degli italiani. La mia opinione si basa su ciò che so, se Petrocchi volesse rilevare qualche scorrettezza ne sarò più che lieto.
Quanto al ruolo dello Strega di seguito troverete una chiacchierata su Twitter tra me e l’account ufficiale del Premio, che risponde in maniera chiara a questa domanda.
La riflessione è partita dal fatto che Piccolo abbia reso pubblico il suo voto. Personalmente credo che sia una delle cose “dovute” e non un’azione meritevole di encomio. Però c’è chi applaude anche il minimo sindacale quando è abituato a digiunare, lo capisco. A parte questa “coraggiosa” azione di Piccolo che non stravolgerà di certo a livello pratico il meccanismo di votazione (neppure se tutti gli Amici della domenica lo facessero) io mi concentrerei su come rendere il Premio Strega più popolare. Senza nulla togliere agli illustri, e anche agli insignificanti, scrittori che fanno parte degli Amici della domenica, che possono rispecchiare parte della cultura italiana d’élite, sarebbe apprezzabile un innesto di figure competenti, appassionate, senza pregiudizi di lettura, non in politica e non collegate a nessun editore, autore, giornale. Non per svilire il premio, anzi, per completarlo. Chi potrebbero essere? Docenti, bibliotecari, promotori di letteratura come fondatori di circoli letterari. Per comprendere un libro in profondità non bisogna essere per forza degli scrittori. Alle volte un punto di vista esterno risulta essere molto prezioso. Anche coraggioso. Ma è solo un’idea.
Vorrei un Premio capace di coinvolgere i lettori meno assidui. Sono quelli che non seguono lo Strega. Per iniziarli alla lettura dei libri meno commerciali – magari fargli scoprire le meravigliose collane della nostra editoria indipendente – e per sostenere i nostri talenti poco conosciuti. Parlo anche di giovani. Ci sono e sono bravissimi.
@fabiopinna @fmusolino @DianaDi87 quant'è seguito il #PremioStrega non è un'opinione ma un numero: le copie vendute ogni anno dal vincitore.
— Premio Strega (@FondBellonci) May 21, 2015
La Fondazione Bellonci sostiene che lo Strega sia già seguito. Certamente lo è, a quanto mi risulta dagli addetti ai lavori. La risonanza mediatica che ha è dovuta al fatto che chi è in gara è supportato da una gran forza che si mobilita sul campo, in questo senso. La pubblicità allo Strega che fa lo Strega non basterebbe mai da sola, neppure lontanamente (seguito dalle persone giuste, poco autonomo direi). Sembrerebbe che vada bene così. La risposta nel tweet qui sopra è emblematica. Dice tutto, meglio di quanto potrei fare io. Potrei anche chiudere qui.
Per amore del ragionamento vorrei far notare che il numero di vendite di un libro non indica affatto quante persone hanno seguito il Premio Strega. Sarebbe come dire che il numero di “Tv Sorrisi e canzoni” venduti corrisponde a quanti hanno guardato la Tv quel mese. Pure supponendo che così fosse, con molta generosità, e in linea con questa convinzione dicono anche “che seguano il premio è meno importante”. Quindi per il Premio Strega è più importante che si vendano i libri. Su questo siamo d’accordo. Esattamente i libri di quali editori è importante che si vendano? Beh, basta guardare gli ultimi dieci anni del Premio per avere una risposta “ufficiale”.
E qua torniamo alla domanda che ho posto prima: qual è il ruolo del Premio? Perché io sapevo, anzi credevo, che fosse quello di diffondere cultura, promuoverla. Che le vendite e tutto il discorso di promozione e marketing fosse competenza degli editori, che tra l’altro hanno forti interessi in merito. Mi dispiace notare che in questo senso il Premio Strega si senta così responsabilizzato: come se senza fascette i libri in Italia non si venderebbero.
Si farebbe più fatica ma si venderebbero. La crisi della lettura o gli aumenti delle vendite degli eBook non dipendono dal Premio Strega.È cosa ovvia. E allora davvero pensate che senza lo Strega si venderebbero 200/300 mila copie di libri in meno all’anno? Dato che l’editoria è sostenuta nel lungo periodo fondamentalmente dai lettori forti (il 45% dei lettori sostiene di aver letto al massimo 3 libri l’anno – Istat 2014) suppongo che quei libri sarebbero semplicemente ripartiti diversamente e per una motivazione molto semplice: chi legge lo fa comunque. Tanto è vero che il numero dei lettori forti è stabile nel tempo. Difficile credere che dipenda da un elemento in particolare. Sopravvalutazioni a parte.
Caro @fabiopinna, legga la lista dei vincitori e su quanto sia importante far vendere i libri chieda a un libraio indipendente. Saluti.
— Premio Strega (@FondBellonci) May 21, 2015
Se lo scopo è vendere allora è normale che non sia un premio popolare, non importa quanto un libro sia ben accolto dal pubblico. Importa che si venda, e se ha la fascetta venderà. Poi magari, come non di rado capita, sarà un buco nell’acqua (di critica) oppure gli altri libri dello stesso autore passeranno inosservati o quasi (in termine di vendite). L’anno successivo ce ne sarà un altro.
Altra annotazione: per i librai indipendenti è dura, è vero, ma non mi pare che negli ultimi anni siano stati molti gli scrittori pubblicati da piccoli editori nelle cinquine. Fino ad ora per loro ci sono state briciole. Ma non è questo il punto. Il punto è, lo ripeto, il potere che il Premio Strega ha, ed è conscio di avere sulle vendite, potere che potrebbe esercitare nell’ambito editoriale come preferisce.
@FondBellonci so quanto sia importante, mi dispiace solo che voi pensiate che sia questo il vostro ruolo. Grazie per il confronto.
— Fabio Pinna (@fabiopinna) May 21, 2015
Qualcosa sta cambiando
Il Premio Strega europeo 2015 è Katja Petrowskaja (Germania), Forse Esther, traduzione di Ada Vigliani (Adelphi 2014), Ingeborg-Bachmann-Preis 2013.
Premio Strega Giovani, Premio Strega Europeo, e qualche iniziativa come lo Stregathon (peccato sia un’iniziativa personale che sfrutta la visibilità del premio e non un’apertura del Premio ai nuovi mezzi di comunicazione), queste ultime le novità.
Diversificare è un’ottima idea, me ne compiaccio. Ridurre la distanza con i lettori sarebbe ancora meglio (social, incontri itineranti, seminari).
Quanto vale lo Strega? Forse vi sarete fatti un’idea.
A me piace pensare che sia un grande investimento italiano e spero che la valuta possa essere soltanto la letteratura.