Ho praticamente passato metà della mia vita al Cinéma des Cinéastes di Avenue Clichy (e anche al suo Bistrot à Vin... la cameriera ormai mi chiama per nome e mi dà del tu!), abito a due passi dal Ciné Studio 28 (la più antica sala della capitale) e ho frequentato in maniera massiccia il Triangolo delle Bermuda del Quartiere Latino: Champo + Filmothèque + Reflet Médicis.
Perché in questi cinemini ti senti subito “a casa”. Di solito i proprietari stanno lì da qualche parte, non troppo lontana, e l’atmosfera è quasi da cospiratori. Siamo pochi, ma neanche tanto pochi, in questa città, a sostenere la cosa che amiamo di più: le sale dove possiamo consumare la nostra passione per il cinema.
E allora (tutte cose provate in prima persona): c’è quello che ti fa la spiega prima del film, il proiezionista che ti aspetta se devi fare la pipì, l’incontro e il dibattito con il regista la domenica mattina, il pienone per vedere un film Italiano degli anni ’70 quando fuori c’è una giornata di Giugno con il sole e il caldo (merce rara, a Parigi!) e spesso c’è anche un vero baretto dove prendere un caffé o una cosa da bere (e non quegli orrendi mostri puzzolenti e sforna pop-corn che ci sono nelle multi-sale).
E non parliamo della programmazione! Cinema che da tutta la vita proiettano solo film di Pasolini, per dire! E non chiudono, capite? Cinema specializzati in film africani, in film indiani, in film dell’America Latina, cinema dove puoi andarti a rivedere un film con Audrey Hepburn, o The Apartment di Billy Wilder, o Fanny & Alexander (versione di 5 ore che manco l'ha mai vista il regista) di Bergman. J'adore!!!
In pratica, la perfezione!
Ristorante (e giardino) dell'Entrepôt
Prima di andare a cena, io e l'amico che era con me siamo andati ad assicurarci dell'orario di inizio del film: i multi-sala hanno questa pessima abitudine di far cominciare la proiezione dopo 15-20 minuti rispetto all'orario indicato, i cinema indipendenti, invece, fanno al massimo 1-2 trailers e poi attaccano subito il film. Evviva!Dopo una buonissima cena e un ottimo bicchiere di vino, eccoci pronti per i Coen.
Il ragazzo che vendeva i biglietti era simpaticissimo... siamo stati lì a dire due parole e poi ci siamo diretti verso la sala. Ed ecco che, prima di entrare, vedo semi-aperta la porta della cabina di proiezione. Mi sono fermata incantata: le pizze una sopra l'altra, il muro scrostato, il guscio vuoto di una bobina appesa al muro, il buio appena rischiarato dalla luce della pellicola.
Tutto un mondo (il mio) condensato dietro una porta socchiusa:
Loro hanno riso: "Eh sì, pure noi, ma adesso siete arrivati voi a disturbarci..."
Più che a Parigi sembrava di stare in un villaggio simpatico dove tutti si conoscono.
La magia dei Coen ha fatto il resto: alla fine del film, prima di uscire, i due ci hanno salutato.
Forse, chi lo sa, pensavano che fossimo al Gaslight Café del Greenwhich Village negli anni '60.