L’unico bianco è il brillare degli occhi, dove le luminarie di Natale si riflettono fredde.
Un giubbotto nero un po’ leggero e striminzito, i jeans scuri sdruciti forse troppo grandi, la timida mano che tende un cappello quasi vuoto, il sorriso che non scopre i denti e non arriva agli occhi.
“Vada a lavorare così giovane, così grande e grosso, così forte.”
Passa la gente coi carrelli colmi, davanti al supermercato; si affretta verso l’auto, con i figli al collo o per mano, trascinandoli recalcitranti con lo sguardo ancora rivolto al giocattolo più costoso e più desiderato. Passano e a volte neppure lo vedono, è lui che si scansa per non farsi travolgere. Vanno veloci, per tornare a casa in tempo ad apparecchiare, accendere il televisore, alzare il riscaldamento; i surgelati non vanno bene, fuori frigo troppo a lungo, il pane diviene meno croccante se non è messo al giusto posto. Ci sono l’albero di Natale da illuminare, le imposte da chiudere bene: si fa notte, comincia a far freddo.
Nell’aria i soliti canti, le luci, i saluti; buone feste, auguri … dove vai per le feste?
Metti con vergogna una moneta in quel cappello quasi vuoto e ti allontani, troppo vigliacca per fermarti anche solo un momento, per incrociare uno sguardo, per accettare il suo sorriso.
L’unico bianco è il brillare degli occhi, dove le luminarie si riflettono fredde, tutto il resto è ombra.
Massimo Botturi
L’originale è qui; e come sempre, grazie!
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