Né ha a che fare con i comportamenti esagerati o le dipendenze - dal gioco, dal lavoro, dall’alcool, dalle droghe. È vero che in questi fenomeni si sviluppa dopamina, il cosiddetto ormone del piacere, ma si tratta solo una fuga, di una camera di decompressione nei confronti di forti stress o di momenti di perdita di riferimenti. Il piacere di cui ci parla la Jeufroy è invece “uno stato d’allerta” che ci fa concentrare su ciò che procura del bene e genera calma. Non può essere inquadrato o definito: è diverso per ciascuno di noi, va cercato, conquistato, costruito e solo così ci arricchisce di “maggior benessere”. Non è tanto uno stato permanente, quanto piuttosto un momento transitorio di pienezza che occorre saper stimolare e cogliere. È inseparabile dal desiderio che lo genera e che con esso si esaurisce. Una volta acquisito, il metodo dei quattro piaceri al giorno ci calma e ci cura, ci restituisce la gioia e ci apre verso la spiritualità.
Sono piaceri “piccoli” – una passeggiata in bicicletta, una bella giornata di sole, una telefonata a un caro amico – ma nel goderne dobbiamo essere anche in comunione con gli altri. E allora, lungi dall’essere fine a se stesso, concedersi dei piaceri è un modo di amarsi meglio e ci rende capaci di accettare gli altri con un senso di un amore autentico.Di Renzo Editore