quel che (non) (ar)resta

Creato il 16 luglio 2013 da Vivianascarinci

Forse non hai posto mente a quello che si diceva ora: e cioè che i nomi sono stati attribuiti alle cose come se si muovessero, scorressero e divenissero tutte

Alcuni infatti dicono che il corpo è il sema la ‘tomba’ dell’anima, in quanto l’anima vi sta riposta in questa vita presente. E siccome l’anima segnala attraverso il corpo quel che vuole significare, anche per questa ragione è giusto chiamarlo sema. E mi pare che questo nome gliel’abbiano posto quelli del seguito di Orfeo, poiché l’anima paga lo scotto di quelle colpe che deve pagare e che abbia questo involucro, ad immagine d’un carcere, per essere salvata sozetai. Questo dunque sia il corpo per l’anima, fino a che non abbia pagato quel che deve, come appunto esso viene denominato, soma, ossia volto, membra come mezzi di salvezza e non occorre cambiare nulla a quel nome, neppure una lettera. (…) C’è ben da supporre dunque che non sia cosa di poco conto l’apposizione del nome, come tu pensi, né di uomini da poco, né dei primi capitati, e dice bene Cratilo sostenendo che gli oggetti traggono i nomi da natura e che non tutti sono artefici di nomi, ma soltanto colui che guarda bene quello che è per natura il nome per ogni singolo oggetto e che è in grado di introdurne l’idea sia nelle lettere che nelle sillabe. (…) Ma, te beato, non sai che i primi nomi sono stati seppelliti da parte di coloro che volevano solennizzarli, aggiungendovi o togliendovi delle lettere per una buona pronuncia e stravolgendoli da ogni parte e per abbellimenti e per il tempo? (…) Ma compiono tali mutamenti quelli che non si preoccupano affatto della verità, ma compongono soltanto la bocca, tanto che aggiungendo molte novità sui primi nomi riescono col fare in modo che neppure uno degli uomini giunga a comprendere cosa mai voglia dire il nome (…) A me pare infatti che chi attribuì i nomi se la prendesse del tutto contro ciò che è di impedimento e trattiene gli esseri dal flusso, cioè da quello che sempre trattiene la corrente (toi aei ischonti ton rhoun),  pose il nome di eaischoroun; ma ora, avendolo contratto, lo chiamano aischron, ‘che arresta il divenire’.

liberamente tratto da  Cratilo di Platone


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