Il giudizio di Elisabetta BartuccaSummary:
Il disincanto, l’innocenza, lo smarrimento negli occhi di una bambina. E poi il mondo dei grandi così confuso, rumoroso, immaturo e complesso, là dove basterebbe la semplicità dei gesti di una ragazzina di sette anni per renderlo un po’ meno isterico e capriccioso. Sullo sfondo la New York alto borghese e radical chic, portata alla deriva da un manipolo di adulti troppo preoccupati di sé stessi. La rivisitazione contemporanea del classico ottocentesco di Henry James, “Quel che sapeva Maisie”, ha il sapore del dramma metropolitano, la leggerezza della commedia agro-dolce e il look underground del cinema indipendente.
In sala dal 26 giugno, due anni dopo l’anteprima mondiale al Toronto Film Festival, il film di Scott McGehee e David Siegel – la coppia di registi che nel 1994 esordì, lasciando il segno a Cannes, con il noir low budget “Suture” – è prima di tutto il ritratto di un microcosmo familiare impazzito dove i tradizionali punti di riferimento saltano, i ruoli si invertono e gli egocentrismi di madri e padri impegnati a farsi la guerra esplodono davanti allo sguardo muto della loro unica figlia.
Maisie (Onata Aprile) ha appena sette anni, ma abbastanza dolore da diventare la stoica eroina di questa storia, contesa nella causa di divorzio tra sua madre Susanna (Julianne Moore) – innamorata, sognatrice, distratta rockstar – e suo padre, Beale (Steve Coogan), mercante d’arte in giro per il mondo, sfuggente, indecifrabile Peter Pan che finirà per sposare la giovane tata di Maisie, Margo (Joanna Vanderham). Tra battaglie legali per l’affidamento, egoismi esibiti senza scrupoli e dinamiche relazionali in continua evoluzione, a scegliere saranno gli occhi della piccola protagonista, che ritrova nel mite compagno di Susanna, Lincoln (Alexander Skarsgård) e nell’ingenua Margo l’unica famiglia capace di darle le giuste attenzioni.
Maisie che scruta in silenzio, che si perde nel caos, gli occhi piccoli e attenti ad ogni minimo dettaglio, ad ogni stretta di mano o abbraccio, Maisie che ascolta il chiacchiericcio frenetico dei grandi: chapeau all’esordiente Onata Aprile, che detta ritmi e tempi dell’intero film, veicola le emozioni e guida lo spettatore. È lei la vera rivelazione di questa epopea, il suo sguardo, il suo incedere abbandonato ma consapevole. Lei che non condanna e non assolve, ma semplicemente guarda.
Di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net