Quel comunista di Charlie Chaplin

Creato il 30 settembre 2012 da Casarrubea

Londra, febbraio 1939. Il viceministro degli Esteri, Richard Austen Butler, chiede ai suoi uomini di indagare sul nuovo progetto cinematografico di Charlie Chaplin a Hollywood, “Il Dittatore”, una sferzante parodia su Adolf Hitler. Londra è in ansia.

Il premier britannico Neville Chamberlaine sta tentando di salvare la pace europea con la politica dell’“appeasement” nei confronti della Germania nazista. Il Patto di Monaco è stato appena siglato (settembre 1938) e nel gennaio del 1939 Chamberlaine rende omaggio a Mussolini con una visita ufficiale in Italia. Il film del grande attore e regista – non ha mai rinunciato alla cittadinanza britannica anche se risiede in America da trent’anni – avrebbe dunque effetti disastrosi sulle strategie politiche di Downing Street e del Foreign Office verso il Fuehrer e il Duce.

E poi Chaplin è da sempre in odore di “comunismo” sulle due sponde dell’Atlantico, in specie dopo il trionfo mondiale di “Tempi Moderni” nel 1936.

I diplomatici del Consolato di Sua Maestà a Los Angeles avvicinano Chaplin a Hollywood. Riferiscono a Londra che si sta dedicando alla produzione della pellicola “con una foga che rasenta il fanatismo. Impressionano il suo odio e il suo disprezzo verso le personalità che intende mettere in satira.Il suo unico obiettivo consiste nel poter sferrare un attacco diretto a Hitler”. Si aggrappano addirittura a una legge britannica del 1917: “Non è consentito rappresentare sullo schermo personaggi viventi senza il loro consenso scritto.” Premono per poter visionare il copione prima dell’inizio delle riprese, in modo che la sceneggiatura definitiva non arrechi “offesa alcuna alla Germania”. Ma nel maggio del 1939, dalla California, gli inglesi gettano la spugna: “Riteniamo che andremmo incontro ad un immediato e definitivo rifiuto da parte di Chaplin se mai provassimo a suggerire delle modifiche al copione. E’ certo che non raggiungeremmo risultato alcuno.”

L’attore reagisce pubblicamente, senza però menzionare le pressioni che arrivano da Londra: “Intimidazioni e censure non mi turbano affatto.” Durante l’estate l’Ente della censura britannica scrive: “Siamo stati molto chiari su ciò che è consentito e su ciò che non lo è. Di conseguenza Chaplin finirebbe per incolpare solo se stesso se il film non dovesse superare l’esame della censura britannica. Sempre e quando decida di andare avanti con il suo progetto cinematografico.”

E’ lo scoppio della guerra a risolvere l’affaire nel settembre del 1939. Le riprese de “Il Grande Dittatore” iniziano a Hollywood negli stessi giorni. Ora Hitler è il nemico pubblico numero uno dell’Impero britannico, anche se gli Usa continuano ad essere neutrali. Il film esce in America nell’ottobre del 1940 e a Londra in dicembre. In Inghilterra è un successo straordinario di pubblico e critica. Winston Churchill è il nuovo capo del governo. Il premier parla chiaro. Solo “sangue, sudore e lacrime” riusciranno a sconfiggere la Germania nazista. Ben vengano quindi satira e sberleffi. L’“appeasement” di Chamberlain va in soffitta per sempre. Ben presto gli incassi al botteghino superano di gran lunga quelli di “Tempi Moderni” in tutto il mondo. Ad eccezione ovviamente di Germania, Italia e dei paesi alleati dell’Asse, dove la pellicola uscirà solo nel dopoguerra.


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