Quel luogo chiamato Val Di Susa di Adriana Pasetto

Creato il 26 luglio 2012 da Wsf

Ph Luca Pizzolitto

Esiste un luogo chiamato Val Susa. O almeno esisteva. Perché da troppo tempo quel luogo ai piedi delle Alpi Occidentali nient’altro è divenuto se non una visione straziante del potere mafioso in Italia. Da vent’anni si è deciso che in Val Susa passerà il Tav – anche se molti dei politici italiani certamente ben conditi d’istruzione continuano a chiamarla la Tav -  e nonostante quest’opera sia profondamente costosa, inutile e deleteria per la salute degli abitanti così è stato deciso e così si farà, o almeno Loro lo credono. Loro, quelli che già vent’anni fa si sono intascati mazzette e mazzette e che ora non potrebbero ridarle indietro avendole già spese chissà dove. Il Tav, per chi non lo sapesse, è un maestoso progetto di un Treno Alta Velocità per MERCI – molti ancora pensano sia passeggeri ma così non è –che dovrebbe partire da Kiev per arrivare a Lisbona e viceversa, passando dunque attraverso l’Italia che si è auto proclamata “punto strategico”. Di quale strategia ancora non ci è dato saperlo, visto che il Portogallo ha bloccato il progetto così come sta pensando di fare la Francia con il Presidente Hollande. Così la Tav porterà in quel di Torino dei beni di prima necessità provenienti da Kiev, e anche in questo caso non ci è dato sapere quali siano.

Quello che avviene in Val Susa da anni non è dato saperlo al popolo che si basa su false notizie giornalistiche. Il Movimento No Tav è un movimento ampio che include varie realtà e basterebbe prendere parte ad una qualsiasi marcia organizzata un mese sì e l’altro pure per saperlo, ma il popolo preferisce mantenersi stretto ad una comoda poltrona e non godrà mai di quelle immagini che mi riempiono il cuore di gioia, quelle in cui puoi osservare famiglie intere con bambini e cani al seguito sfilare pacificamente. Il popolo non potrà neanche mai sapere perché una lotta pacifica esistente da oltre vent’anni talvolta può trasformarsi in una sassaiola; il popolo non potrà mai vedere al di là del proprio naso fino a quando un lacrimogeno ad altezza uomo non colpirà sul volto il proprio figlio; il popolo non saprà mai realmente che il Movimento vede schierati in prima linea nonni che lottano per dare un futuro ai propri nipoti. Quanti motivi per dire NO al Tav? Troppi da elencare: il calcolo spese previsto inizialmente che si è negli anni moltiplicato; la natura deturpata in un luogo in cui non servirebbe farlo spendendo un decimo di quei finanziamenti per migliorare la linea tramviaria esistente; la salute degli abitanti messa in pericolo da amianto e uranio che in natura esistono nelle montagne val susine che dovrebbero essere scavate per 50 Km. E via dicendo.

Così avviene che un movimento che arriva a portare per strada 80mila persone diventi improvvisamente pericoloso per il futuro di un’opera inutile eppure fondamentale per le tasche di qualcuno. Non quelle del popolo certamente, anche perché quest’opera progettata oltre vent’anni fa ad ora non ha neanche un progetto certo e sicuro. Come si combatte un movimento con idee proprie valide? Lo si combatte tramite un’informazione corrotta e distorta; lo si combatte arrestando chiunque capiti a tiro – perché l’Italia è quel paese in cui essere presenti ad una manifestazione non gradita vuol dire commettere reato – e si cerca di sfinirlo militarizzando un paese. La Val Susa è militarizzata, con tanto di filo spinato e jersey. Però l’Italia è così, grida allo scandalo quando questo avviene all’estero e non quando la giustizia manca in casa propria.

Marianna ha ventun’anni ed è stata condannata ad otto mesi di reclusione. La sua colpa? Essere presente in prima linea a difendere i suoi diritti e i diritti di tutti gli italiani. Io la ringrazio, come ringrazierò sempre chi ha il coraggio di rimanere in prima linea nonostante il lancio di lacrimogeni al CS  – vietati dal trattato di Ginevra – e gli idranti a pressione riempiti non solo di acqua ma di sostanze urticanti. Io ringrazio anche chi spesso mi ha permesso di scappare, perché le pietre si lanciano da entrambe le parti delle recinzioni, ma da una parte c’è chi dovrebbe difendere i cittadini e dall’altra i cittadini che non vogliono più farsi difendere da chi l’umanità non ce l’ha.

di Adriana Pasetto


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