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E' circa l'una quando ci muoviamo. Seguo in macchina l'auto del mio amico - un uomo abituato a cialtroneggiare, uno che ottiene qualsiasi cosa desideri dal proprio interlocutore con la parlantina e l'attitudine alla vendita e alle trattative. Nel farmi strada per il nuovo locale di amici comuni, dopo qualche centinaio di metri si blocca all'improvviso su un incrocio, inizia a strombazzare, gesticola, così che io mi affianco e tiro giù il finistrino. "Che c'è?", gli chiedo. E lui, anarchico 60enne dal viso rubicondo di tanti Campari, sorriso aperto e occhi che luccicano: "Volevo dirti che lì c'è una pizzeria fantastica, davvero eccezionale, una sera ti ci porto!". Ripartiamo.
Sorrido tra me e me, io che mi lascio trasportare dalle persone, sempre fidandomi, sempre accondiscendente, sempre attenta a trovare qualcosa di bello - il talento unico e speciale di ciascun essere umano - e a farglielo notare. Qualcosa che mi viene automatico. Sorrido tra me e me e mi chiedo se esista e - se sì - quale sia il denominatore comune delle persone, e in particolare gli uomini, dei quali mi circondo. Sorrido di nuovo, perché già conosco la risposta.
Io nelle persone cerco la passione. Non la passione amorosa - badate bene - bensì la passione in sé per qualsiasi cosa: quell'interesse qualunque che ti dà voglia di vivere, d'essere curioso, di non lasciarti mai andare. Ciò in cui ti rifugi quando sei stanco del mondo fuori e hai bisogno di ripiegarti su te stesso. Quella cosa che a volte coincide addirittura con ciò che pensi sia il senso della tua vita. Una persona che nutre una qualche passione e se ne lascia possedere, è in qualche modo 'viva'.
Ecco, io ormai sempre più mi accorgo che in qualsiasi mio interlocutore cerco questo. E poi saccheggio, derubo, depredo chiunque mi possa dare un po' di questa energia vitale - per osmosi se siamo vicini, attraverso la parola e o i gesti, facendo l'amore.