Quell’odio verso i bambini

Creato il 15 febbraio 2014 da Giulianoguzzo @GiulianoGuzzo

Disse una volta Winston Churchill (1874-1965) che per nessuna comunità c’è investimento migliore del mettere latte dentro i bambini. Una celebre battuta in un discorso alla radio del ’43, che però sembra provenire da un altro mondo e che, pronunciata oggi, farebbe dello statista inglese il più sovversivo personaggio sulla scena. Vi sono infatti molteplici indizi che indicano come il mondo occidentale, anche se non con piena consapevolezza, sperimenti un odio profondo verso i più piccoli, e che quello di «mettere latte dentro i bambini» è il suo ultimo pensiero.

Detti indizi spaziano dall’intangibilità delle legislazioni sull’aborto volontario ­– intangibilità che rende tutti i neonati, di fatto, dei sopravvissuti – all’educazione pansessualista in salsa gender, che sacrifica la libertà infantile del bambino di giocare al dovere di iniziarlo immediatamente al piacere sessuale, come suggerisce un allucinante documento a cura dell’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; dalla comparsa di locali chiusi ai più piccoli e perfino di parchi il cui ingresso viene proibito ai fanciulli perché disturbano gli animali all’eutanasia infantile approvata in Belgio.

Il radicamento della mentalità abortista e contraccettiva, che si manifesta in una diffusa stanchezza riproduttiva demograficamente più che evidente, sta poi facendo sì che di bambini ne nascano sempre meno, fino al macabro superamento dei morti sui nati. Una realtà taciuta ma che emerge con forza dai numeri, anche e soprattutto in casa nostra: nel 2012 – ricorda lo statistico Roberto Volpi – in Liguria si sono registrati 11583 nati a fronte di 21736 morti e ancora peggio ha fatto la privincia di Trieste con 3471 morti e 1729 nati; praticamente due morti per ogni nato. Chi parla di estinzione passa per esagerato, ma la situazione è questa.

L’indiscutibile gravità di questo scenario – con un Europa che non solo non avverte la necessità di creare nuovi posti di lavoro, ma che non si rende neppure conto che con la contrazione del numero dei contribuenti rispetto al numero degli anziani, sta rapidamente implodendo – impone una domanda: come mai? Com’è possibile? Per quale ragione siamo arrivati ad un odio verso i bambini e verso l’infanzia così lampante anche se – il che, a pensarci, è addirittura peggio – vissuto in modo inconsapevole? Come spesso accade, anche in questo caso la spiegazione non può esaurirsi in una sola causa.

Volendo però estremizzare la sintesi, possiamo affermare che la principale ragione dell’odio – o del mancato amore – nei confronti dei bambini sta in quello che rappresentano: il futuro. Perché i bambini sono davvero il futuro; sono loro che sono chiamati a riempirlo, a viverlo, ad amministrarlo. Ebbene, l’individualismo dell’uomo occidentale e secolarizzato detesta enormemente il futuro, che rappresenta la vita che deve venire, certo, ma che fa anche riflettere sul presente giorno dopo giorno che diviene passato e quindi sullo scorrere del tempo. Uno scorrere del tempo che, centrati interamente su noi stessi come siamo, non possiamo accettare.

Non possiamo accettare l’idea che la sabbia nella nostra clessidra sia finita, con l’inizio della crescita di un figlio che coincide con l’inizio della vecchiaia di chi l’ha generato. Non possiamo accettare di dividere i nostri risparmi – consistenti o modesti che siano, in ogni caso frutto di sacrifici –  con un piccoletto che se li prende assieme al nostro sudore e al nostro tempo. Non possiamo accettare che un neonato entri nella nostra vita, dobbiamo essere noi a programmare, a stabilire quando e dove, a sapere perfettamente e in anticipo quale scuola dovrà frequentare e quali cattive abitudini dovrà evitare.

Infine, i bambini sono detestati perché rispecchiano le responsabilità che non vogliamo assumerci. Accogliere la vita di un figlio non significa infatti soltanto limitare la propria, ma prendersi l’impegno di orientarle entrambe al bene e all’ordine. Bene ed ordine, due bestemmie in una civiltà che si professa libera ma dove in realtà domina, rigidissimo, il dogma per cui esistono solo il “mio” bene ed il “mio” ordine, e tu non sei nessuno anche solo per suggerirmi cosa sarebbe meglio fare. Dove siamo costantemente di corsa, dove gli impegni si accumulano e si mescolano coi guai e non abbiamo mai abbastanza tempo – o almeno di questo vogliamo convincerci – per noi stessi.  Figurarsi per «mettere latte dentro i bambini».



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