Quella Challenge persa in partenza

Creato il 24 gennaio 2012 da Rightrugby
Intervistato da Paolo Wilhelm per Il Grillotalpa, Vittorio Munari affronta un tema più volte portato alla ribalta nella blogosfera ovale: le italiane in Challenge Cup con tutto quello che ne consegue, vale a dire le sconfitte da prendere e portare a casa. Il dirigente della Benetton Treviso va dritto al punto della questione: "Ci sono delle battaglie che valgono la pena di essere combattute, ci sono delle battaglie che non vanno combattute". Battaglie, sfide, come meglio si preferisce: challenge, insomma. 
Il discorso è complesso, ampio per quanto drastico nelle conclusioni e Munari coglie l'occasione per tornare di qualche mese indietro nel tempo: "Siamo pieni di Renzo Piano e non ha nessuno che fa il manovale. Tutti vogliono decidere dove mettere il quadro e nessuno ha voglia di mettere le mani nelle fondamenta delle case". In poche parole, si pensa al vertice della costruzione, non si bada alla base: "I vertici non esistono se non ci sono le basi". Tant'è che nell'intervento, Munari lascia cadere qualche considerazione inizialmente: "Il fatto che non abbia mai parlato volentieri dell'ingresso in Celtic dell'Italia...". E lo dice da "esponente" del Treviso che tanto in Pro12 quanto in Heineken Cup può dire di essersi levata delle soddisfazioni, fino ad ora. 
"Non c'è la possibilità di competere perché non c'è la qualità di competere": dato di fatto scontato, nel senso che è nella logica dei fatti. "La partecipazione in Celtic è legata ad una partecipazione economica che viene girata ai club, ma è tutto lì": frase che abbiamo già sentito da qualche parte. Dove? A Viadana.

"La Challenge Cup per le formazioni italiane è un'illusione", aveva dichiarato apertamente il presidente degli Aironi, Silvano Melegari, lo scorso 1 giugno. Alcuni sassolini levati dalla scarpa: i soci parmensi si erano ormai defilati dai loro impegni economici con la franchigia mantovana, seppure di mezzo ci fosse un "piatto ricco mi ci ficco". Tipo 400.000 euro stanziati dalla Fir per le prime quattro di Eccellenza, che possono così accedere alla competizione europea. Cifra, i 400mila, che corrisponde all'incirca ad un terzo del bilancio di una squadra del massimo campionato italiano che, ricordiamo, è semi-professionistico. Dunque fanno gola in tempi di difficoltà economiche per assicurarsi di andare avanti. Con buona pace delle prestazioni sul campo: squadre "disinteressate", venendo meno ad un principio rugbistico - continuava allora Melegari - che è quello di onorare ogni singolo match. 


"Da qualche parte bisogna far quadrare il cerchio", tornando a Munari che sottolinea come occorra un link con il resto del movimento? Quale? Ovviamente le due celtiche. E di fronte all'ipotesi di franchigie territoriali "auguri", taglia corto il buon Vittorio, per lo più "in un Paese pieno di divisioni e di campanilismi come l'Italia". Considerazioni valide anche nel rugby, va da sé. Per non parlare dei problemi organizzativi. Il bello è alla fine, quando chiude con un laconico "poi bisogna vedere qual è il traguardo da raggiungere, insomma". 
Per l'appunto: o uno intraprende una sfida (challenge) con un obiettivo valido e chiaro o rimedia figuracce. La perde già in partenza.  

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