Tutto questo che investe la “reponsabilità” di maggioranza e opposizione, più che una “quadra” raggiunta come al solito nell’emergenza, è un fatto angoscioso: se non si riesce a cambiare nulla nemmeno in un frangente drammatico nel quale un intero sistema-paese si rivela ormai inadeguato e costretto a tenersi in equilibrio giorno per giorno, vuol dire che il default prima o poi sarà inevitabile. Ma in ogni caso non sarà possibile evitare un impoverimento rapido e generalizzato perché tutto questo conferma le ricette grazie alle quali la nostra crescita è praticamente ferma da due decenni.
Niente riassetto dell’articolazione dello stato, niente eliminazione degli enti inutili che sono il vero focolaio dei costi impropri della politica, niente riequilibro dei redditi da lavoro, nessun intervento per evitare la precarizzazione di un’intera generazione, nessun accenno al problema dell’economia sommersa e dell’evasione o elusione. Nessun nuovo patto sociale sta nascendo dalle rovime del berlusconismo: il baccano politico non riesce a nascondere il silenzio della politica. E la sua vecchiaia di idee, assai più importante di quella anagrafica.
Così se le popolazioni del nordafrica prendono i barconi per arrivare in Europa, la barca italiana sta vigorosamente navigando verso il nordafrica dove i livelli di inefficienza e corruzione sono ormai alla nostra portata.
Il fatto che l’Fmi approvi la manovra è un motivo di preoccupazione in più riguardo alla sua efficacia, sapendo il ruolo da protagonista che il fondo monetario ha avuto nella rovina di molti Paesi. E del resto se qualcuno si mette in testa di cambiare qualcosa ci sono sempre pronti un procuratore o una cameriera a mettere a posto le cose. Per essere serviti a dovere, naturalmente.