Era il mio periodo internazionalista-no-global. Ero appena tornata da un viaggio di tre settimane in Chiapas con zaino e pochi soldi, sulle orme del già inflazionatissimo Comandante Marcos ma ispirata soprattutto dalla mia idola Vandana Shiva. L'idea era quella di scrivere qualcosa sulla resistenza dei contadini locali alle corporation (in particolare all'orrida Monsanto), e anche quella di incontrare il fascinoso agronomo cooperante con cui avevo corrisposto per prepararmi al viaggio. Ero tornata a casa con una magnifica - anche se non facile, causa vendetta di Montezuma e generici problemi a cui va incontro una donna che viaggia sola e squattrinata in un paese povero - esperienza, e con un nulla di fatto sul fronte della scrittura e dell'agronomo. In realtà poi ci avrei scritto sopra un racconto, ma quella è un'altra storia. Magari un giorno lo pubblicherò.Anzi, eccone un breve estratto per proseguire con la storia del mio incontro con Vandana:
"Qualche mese dopo ricevetti un’e-mail da Sergio [il fascinoso agronomo], che informava tutti gli interessati del suo imminente arrivo in Italia. Di lì a una settimana avrebbe infatti partecipato a una fiera gastronomica internazionale [Terra Madre a Torino], dove avrebbe cercato di vendere il caffè prodotto da una cooperativa zapatista. (...) Lo stand di Sergio era proprio davanti all’ingresso della fiera: appena varcai la soglia lo vidi davanti a me, in tutto il suo splendore rivoluzionario. Sembrava molto contento di vedermi, e io, tutta emozionata, mi precipitai a dimostrargli la mia devozione alla causa comprando dieci pacchi di caffè del Chiapas per la somma esorbitante di ottanta euro ('Per i regali di Natale,' dissi con un risolino ebete. Erano i primi di ottobre)."
Mentre trascinavo la mia provvista di caffè verso l'uscita, m'imbattei nello stand di