Il modello di business sostenibile per il nuovo ecosistema delle notizie è ancora oggetto di riflessioni e sperimentazioni.
Non esiste ad oggi una visione univoca su quale possa effettivamente essere il percorso più corretto come è emerso anche in occasione del recente incontro sul giornalismo [iper]locale al quale ho avuto il piacere di partecipare.
Sono due, almeno, gli stimoli, “le lezioni” dalle quali il mondo editoriale può trarre insegnamento e profitto, letteralmente.
All’incontro del 16 presso il Learning Center di Vodafone [al quale sono stato incautamente invitato] i rappresentanti aziendali hanno illustrato le nuove tariffe dati che entreranno in vigore a breve motivando la scelta fondamentalmente in funzione della forbice che si sta creando tra il volume di traffico ed i ricavi per il web in mobilità.
Mentre ascoltavo la presentazione non ho potuto fare a meno di pensare che se i quotidiani, gli editori, avessero fatto [per tempo] le stesse riflessioni che ha effettuato Vodafone quando ipotizzando di rientrare affidandosi esclusivamente all’advertising decisero di distribuire online gratuitamente i contenuti , probabilmente, non si troverebbero nella situazione attuale. La managerialità non è un optional.
John Butler, Head of Communications & Media presso Dunnhumby, in una video-intervista all’editore di TheMediaBriefing.com Patrick Smith, spiega come le imprese editoriali possano apprendere molto dalla grande distribuzione per quanto rifuarda la raccolta di dati, di informazioni, sull’utenza, citando specificatamente l’esempio Tesco.
Immaginare una ripresa, avendo una conoscenza che definire approssimativa è un eufemismo, della propria utenza e del trade è un ipotesi assolutamente velleitaria.
Uscire da una visione limitata, ampliare il proprio orizzonte effettuando benchmarking da altri settori/mercati, non necessariamente attigui, può essere di grande utilità da sempre. Oggi, se possibile, ancor di più.