di Rina Brundu. “Il Primo Maggio sarà di lotta contro il governo in tutta Italia, ma la sua capitale quest’anno è a Milano”, lo scrive Giorgio Cremaschi in un pezzo per Micromega ripreso da cornicerossa.com. Vero, la capitale è l’ex-Milano da bere dei tempi craxiani, rivestita a festa per celebrare degnamente il renzismo che imperat e, en-passant, l’apertura dell’Expo 2015. Last but not least, col recente cambio della guardia al Corsera, da Ferruccio de Bortoli a Luciano Fontana, il Premier sembrerebbe essersi assicurato presa diretta e stabile sul primo quotidiano italiano perché – Salvini docet – occupare troppo gli schermi televisivi può infine rivelarsi controproducente.
Alla vigilia di quella che un tempo è stata la Festa del Lavoro, c’era qualcosa di tristissimo in queste ultime immagini del Renzi gaudiente, tirato a lucido, satollo, abbronzato quel tanto che basta, impegnato a fare ciò che sa fare meglio, ovvero guardare direttamente nell’occhio della telecamera mentre intento a mostrare al mondo che non lo guarda la sua idea di un’Italia che non c’é. E oggi – primo maggio – c’é qualcosa di tristissimo nel vedere l’homepage del primo quotidiano nostrano inneggiare alla pseudo-grandeur di una terra di Bengodi mediatica che non esiste nella realtà. C’é qualcosa di tristissimo in questa improvvisa realizzazione di come l’edonismo politico e trendy dei tempi sia infine riuscito a far fuori anche l’ultimo simbolo – la gloriosa festa del lavoro del quarto stato – di una diversa coscienza civile.
Con la disoccupazione che cresce, una spinta emigrativa giovanile fortissima e nessuna chiara azione politica di tipo operativo che determini almeno l’illusione di cambiamento agli occhi delle forze effettivamente valide della società, ci si chiede soltanto quanto potrà durare lo status quo. Cioè quanto possono resistere le pur testate dinamiche politico-civili di una nazione matura a questo continuato rimescolamento delle carte in tavola senza capacità di produrre risultati? Fino a quanto può resistere una nazione matura al turlupinamento dialettico di regime prima dell’inevitabile risveglio che potrebbe portare seco conseguenze epocali?
Matteo Renzi in occasione dell’apertura dell’Expo ha coniato l’ennesimo slogan (una fatica che non si risparmia mai, almeno questo bisogna riconoscerglielo!), debitamente riportato sulla home del Corsera del “nuovo corso”, e annuncia speranzoso e certo ad un tempo che “l’Italia s’é desta”. A mio avviso, l’Italia non s’é ancora desta del tutto ma temo che lo farà molto presto. Lo temo proprio per Renzi.
Un pensiero ai tanti lavoratori che in tutta la penisola vivono giorni difficili: agli operai della Auchan, della Whirpool, del MercatoneUno e di molte altre aziende a rischio chiusura. Che possano trovare la forza per continuare la loro “lotta” solitaria, quella stessa forza di cui parlava Cremaschi, nella certezza che non c’è notte troppo lunga da impedire al sole di sorgere ancora. Un requiem per il Primo Maggio e la festa che fu del Lavoro.
Featured image, screenshot dal Corriere.it