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Quello che il renzismo non dice (116) – Della rivoluzione pentastellata anticipata e dell’inevitabile cambio di rotta. E sugli indecorosi show di Piepoli e di Maurizio Lupi a “Porta a Porta”.

Creato il 01 giugno 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Image14yyyyyyyyydi Rina Brundu. Non ci si sarebbe potuto scommettere sopra un centesimo bucato. Non lo si sarebbe potuto fare dopo la “campagna elettorale” più “appiattita” di sempre, con il gota del giornalismo italiano (si veda lo straordinaro caso del Corsera, il giornale che fu di quell’Indro Montanelli e di quell’Oriana Fallaci che oggidì faticherebbero a riconoscerlo come tale), e dell’establishment opinionistico e dirigenziale schierati dalla parte del renzismo imperante con il fine dichiarato di relegare ogni diversa espressione libera dello spirito dietro la lavagna renziana.

Tuttavia è proprio per questi motivi che la giornata di oggi si può davvero considerare una giornata straordinaria, costellata di momenti da ricordare che hanno come unico comune denominatore l’indiscutibile sconfitta del renzismo (che non vuol dire la sconfitta del PD). Il renzismo riformante ha infatti perduto la sua “battaglia” su tutti i fronti: ha perso nell’evidente incapacità di richiamare alle urne un elettorato desideroso di sostenerlo, ha perso quando si è visto costretto a consegnare la leadership partitica al M5S in diverse regioni italiane, ha perso in virtù della totale debacle subita in quella Liguria alluvionata e maltrattata che evidentemente non ha dimenticato.

Siamo insomma davanti all’inevitabile momento di svolta dopo un anno di bombardamenti dialettici, di passarelle trendy, di inciuci gattopardeschi, di show mediatici degni della peggior dottrina amministrativa che si sia mai vista nel nostro paese e che tra le nefaste conseguenze ha avuto l’annientamento di un’idea di politica che è impegno e che è rispetto delle ragioni degli ultimi. Ma ciò che stupisce davvero è da un lato la notevole accelerazione dei tempi nel percorso segnato che porterà il movimento di Grillo a diventare il primo partito in ogni regione italiana, e dall’altro il notevole grado di maturità e di coscienza politica mostrato da quel 50% di elettori che si sono recati alle urne. Come a dire che il tempo dei salvatori della patria è davvero finito e che da questo momento in poi chiunque vorrà il voto dei cittadini dovrà guadagnarselo con i fatti.

Per un paese che pare uscire lentamente dall’incubo, duole riportare che il suo servizio pubblico televisivo ha ancora tanto su cui lavorare. Da questo punto di vista è stato davvero imbarazzante quando non bizzarro e grottesco il siparietto messo su dal signor Piepoli dell’Istituto Piepoli in quel di Porta a Porta quando si è rifiutato di fornire il grafico delle prime proiezioni in Liguria. Poi colui se n’é fortunatamente andato o forse ce l’hanno mandato. Altrettanto imbarazzante e grottesca è stata la sfuriata del Maurizio Lupi – magari innervosito dall’exploit salvinico – all’indirizzo di Vespa e del già menzionato istituto di ricerche di marketing, accusati di non avere inserito il risultato infinitesimale di Area Popolare nei grafici delle proiezioni. Diceva Napoleone che in politica la stupidità non è un handicap, forse, ma il troppo stroppia… dovunque.


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