Quello che il renzismo non dice (122) – Come il generale Varo a Teutoburgo. Sull’onta e la vergogna degli Uffizi made in Merkel. Ma perché il ministro Dario Franceschini non si dimette?

Creato il 18 agosto 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

L’armata romana di Varo è sorpresa nella foresta di Teutoburgo

di Rina Brundu. Finalmente si è capito il perché della “pacca” Merkel sulla spalla del nostro Premier, ieri, in quel di Expò: si sanciva la definitiva capitolazione, anche culturale, dell’italietta renziana inginocchiata davanti al panzer teutonico.

Scagli la prima pietra colui o colei che, dopo avere appreso di come gran parte dei nostri musei saranno gestiti dalle “capaci” mani di manager stranieri con la benedizione del nostro ministro per la “cultura”, e che gli Uffizi verranno affidati all’expertise di Eike Schmidt “47 anni, esperto di arte fiorentina di fama internazionale”, non si è sentito un poco alla stregua dell’imperatore Augusto quando fu informato della sconfitta inflitta al suo esercito da Arminio, comandante delle tribù germaniche, durante la battaglia della foresta di Teutoburgo.

Il problema è che se Augusto si strappava le vesti (1) e si incazzava qualcosa succedeva. A noi italici che abbiamo la disgrazia di vivere questi inetti tempi politici non ci resta altro che piangere. E la vergogna di una simile onta. Uno scandalo a suo modo straordinario che sarà difficile dimenticare. Uno sputo in faccia sul nostro passato, sui suoi infiniti figli che lo hanno reso grande, sui nostri artisti, sugli intellettuali, su tutto ciò che pensavamo nessuno ci avrebbe mai potuto togliere, neppure il renzismo.

Evidentemente ci sbagliavamo: ma perché il ministro Franceschini non si dimette?

« [1] Augusto quando seppe quello che era accaduto a Varo, stando alla testimonianza di alcuni, si strappò la veste e fu colto da grande disperazione non solo per coloro che erano morti, ma anche per il timore che provava per la Gallia e la Germania, ma soprattutto perché credeva che i Germani potessero marciare contro l’Italia e la stessa Roma».

(Cassio Dione Cocceiano, Storia Romana, LVI, 23, 1)


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