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Quello che il renzismo non dice (136) – Sul caso Marino “Ma perché lo fa?”. E ancora sullo scandaloso Affaire TG3.

Creato il 02 ottobre 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
L'impavido Ignazio Marino

L’impavido Ignazio Marino

di Rina Brundu. Del “caso Marino” bisogna parlarne perché oggi ne parlano tutti. E guai se non ci fosse un “caso Marino”: di cosa tratterebbe Nicola Porro nei suoi one man show del giovedì? E come tirerebbe a campare l’incredibile carrozzone mediatico giornalistico de La7? Che dire poi di Crozza e di tutti gli altri “comici” italiani? Verso quale altro “bersaglio mobile” potrebbero mirare visto che Berlusconi e Fede non fanno più ridere neppure i co.co.co di “Repubblica” dimenticati da  venti anni tra gli scaffali più nascosti degli uffici del giornale?

Personalmente su questo infelice caso di infausta politica-amministrativa italica l’unico dubbio arcano che mi è rimasto è “Ma perché lo fa?”. Cioè perché Marino, e il marito, il padre, lo zio, magari il nonno Marino permette tutto questo? Che possibile tornaconto può avere un uomo e un professionista (lui resta anche un medico con i suoi pazienti) nel diventare lo zimbello mediatico di una intera nazione e forse dell’intero globo terracqueo? Nell’essere ricordato – magari senza “merito” – nella pur lunga pagina nera dei peggiori “re” di Roma da Caligola in poi? O, ancora, nel caso in cui lui avesse mostrato nel privato il sacrosanto diritto a “lasciare”, cosa potrebbe avergli promesso Renzi per impedire una sicura perdita di controllo sulla giunta capitolina? Misteri di una Repubblica italiana che continua a scavare senza riuscire a trovare il fondo, laddove l’unica speranza rimasta è che scavando scavando si arrivi in Cina paese in cui, come è purtroppo ben noto, i peccati di mala amministrazione, di mala politica, di furbizia burocratica vengono gestiti con modalità molto spicce.

Ma per un “caso Marino” ormai trito ritrito e contrito che dire dello scandaloso, questo sì, caso TG3? Un affaire che se non fosse stato nato in Italia – in tempi elisabettiani e shakespeariani la patria del malaffare per eccellenza (chissà come mai per certe cose il tempo non possa mai?) – avrebbe potuto essere pensato solo da una mente veramente geniale, Tesla-like per intenderci. Nella trappola ci sono caduta anche io, calzata e vestita, quando, nel precedente post scrivevo “Brava Berlinguer” anche se sapevo benissimo che di Berlinguer “bravo” ce n’é stato uno solo e se tanto mi dà tanto sarà così per molto altro tempo ancora. Mi dico adesso, ovvero dopo la sventurata intervista al Premier della direttrice del Tg3: come si poteva anche solamente pensare che il bambino avrebbe rotto di suo il cordone ombelicale che gli dà vita e lo ha fatto crescere così paffutello fin dal primo vagito? Come si poteva pensare che il TG3 e l’intero canale (vedi anche il caso Ballarò) non avessero messo in piedi la sceneggiata del nuovo editto bulgaro semplicemente per ricordare all’Esecutivo che sebbene di questi tempi gli accoliti siano tanti loro sono e resteranno sempre un poco speciali?

Di fatto, sempre a proposito di questa ingloriosa faccenda, giorni fa, sul sito antiit.com di Giuseppe Leuzzi, lo user Spock si interrogava: “Il Pd che attacca Telekabul è più ridicolo o più sovietico?”. Ripensandoci, e nonostante il gran desiderio di rispondere “ridicolo”, la risposta più corretta è sovietico. Anche in quella specie di naïveté che caratterizzava quella tipologia di regime rispetto alla pragmatica determinazione vincente yankee. Inutile dire che gli yankee della situazione sono stati proprio la Berlinguer e il Giannini da adesso in poi davvero irremovibili da quella Rete pubblica dove… vivit et regnat in unitate PD, Deus, Dem, per omnia sæcula sæculorum. Sic.


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