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Quello che il renzismo non dice (142) – Sul valore diseducativo del renzismo smargiasso e sul vizietto di confondere il destino dell’Italia con quello del governo. Dell’era edenica delle promesse pazze e sui recenti “discorsi” di Monti e Fini.

Creato il 25 ottobre 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Diogene fa spostare Alessandro che gli toglie il sole.

Diogene fa spostare Alessandro che gli toglie il sole.

di Rina Brundu. Nel suo ennesimo viaggio a confini del mondo, boldly going là dove nessun Presidente del Consiglio italiano has been before, Matteo Renzi l’ha ribadito una volta ancora e l’ennesima circonlocuzione retorica utilizzata leggeva più o meno così: “A dispetto dei gufi c’é una Italia che produce, c’é una Italia che lavora e va avanti”. Verissimo! Come dargli torto? C’è una Italia che produce, che lavora onestamente e va avanti, ma tutto si può dire tranne che quell’Italia sia un’Italia che faccia equazione con quella renzistica. Di fatto quell’Italia di cui parla il leader di un renzismo diseducativo, votato al dandismo, allo yuppismo, all’arte smargiassa, al vampirismo politico, al ghepardismo, alieno al concetto stesso di lavoro, di sacrificio personale e collettivo, è distante anni luce da una filosofia renzistica che non saprebbe raggiungerla neppure se usasse i motori warp-drive dell’Enterprise di Jean Luc Picard.

Ma dentro questi peccati tutto sommato veniali (e che tuttavia possono imbambolare ampi strati di una popolazione italica ancora lungi dal possedere una moderna coscienza politica accorta), il peccato che fa davvero stizza, che indispone sul serio é il reiterato “vizietto” pensato per confondere retoricamente i “destini” della patria con quelli del “caro leader” e l’amor di Patria con quello per il presente governo. Se può consolare il Premier impegnato in altra “vacanza” spesata dal contribuente si vorrebbe tentare qui di rassicurarlo: “stia sereno”, noi siamo assolutamente certi che esista una Italia che funziona, che lavora, una Italia onesta che va avanti nonostante tutto e nonostante il renzismo. È insomma quell’Italia che paga le spese del Premier, che gliele avrebbe pagate  finanche quando era sindaco della sua città (almeno a sentire i ristoratori locali), ed è quell’Italia che spera sempre. È quell’Italia che se i recenti sondaggi elettorali non sono tutti da buttare, nel 2018 manderà a casa la nefasta casta politica che il renzismo ha preservato con ogni cura e manderà a casa questo suo stesso leader mai chiamato dal popolo a governare la nazione.

Tuttavia ci sono alcuni “peccati” renzistici che non si possono proprio considerare veniali. Nello specifico sono quei peccati “capitali” commessi perché direttamente dipendenti dal calo di popolarità del leader: benvenuti quindi nell’era delle promesse pazze! Benvenuti nell’era dell’abolizione di tutte le tasse e balzelli possibili e immaginabili, benvenuti nell’era politica degna di ogni vero paradiso edenico italico. Benvenuti nell’era dell’assunzione di infiniti impiegati pubblici, di acquisti di auto blu senza contenimento, benvenuti nell’era che non scontenta nessuno, amici, nemici, conoscenti o visitatori occasionali: ma chi paga? Matteo Renzi? I figli? I nipoti? Ipotecano i loro beni mobili e immobili o ci lasciano una cambiale?

Alcune settimane fa dalle pagine del renziano Corsera, Mario Monti scriveva: “(nda L’abolizione di Imu e Tasi sulla prima casa) … è una scelta sbagliata dal punto di vista della crescita e dell’equità sociale. È la scelta perfetta dal punto di vista del consenso. Sarebbe meglio tassare un po’ di più il patrimonio, in modo che ciò consenta di tassare meno il reddito e di ridurre il cuneo fiscale, un’opzione che economicamente ha molto più senso. È però la scelta perfetta per guadagnare consenso”. Fermo restando che le tasse sulla prima casa dovrebbero essere sempre evitate (e qui il renzismo ha scoperto l’acqua calda!), difficile non ammirare il coraggio montiano di saper dire la verità. Un coraggio che ha avuto anche da Presidente del Consiglio, che forse ha determinato la sua veloce “caduta”, ma certamente non gli ha tolto la credibilità che si dà a chi ha le palle per dire ciò che pensa ed è capace di considerare nel suo orizzonte privato anche il maggior bene del suo paese. Per il breve, il medio, il lungo periodo.

Pochi giorni addietro il commento sconfortato di un Gianfranco Fini ospite di Lilly Gruber a “Otto e mezzo” (La7) era invece che Renzi è un “fortunato”: fortunato a non vivere più i giorni neri della crisi, dello spread alle stelle, di una difficoltà sociale prossima alla rivolta tout-court. Sarà! A mio avviso però si tratta piuttosto di un caso di “Vincit fortuna tua fortunam meam”. O per meglio dire la sua fortuna (i.e. di Renzi) vince quella dell’Italia e degli italiani che non lo hanno votato e ce l’hanno per presidente…. ed è indubbio che il nostro “caro leader” sappia come continuare a costruirsela quella fortuna, viaggio dopo viaggio. A-gratis! Pardon… a spese nostre!


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