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Quello che il renzismo non dice (15): di gufi, di intellettuali italici e del ritorno dei morti viventi. Alcune considerazioni critiche sull’ultimo editoriale di Pierluigi Battista.

Creato il 17 agosto 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
owl_lectures_about_readingdi Rina Brundu. Finalmente l’ho capito! Ci ho messo qualche mese sia perché della faccenda non mi importava granché sia perché a volte si tende ad essere lenti e non si capisce come, tanto tempo fa, quello spermatozoo sia riuscito a vincere la sua corsa. Dicevo che finalmente l’ho capito: i “gufi” che da qualche tempo a questa parte sono finiti nel mirino di Matteo Renzi sono per lo più i professoroni, gli intellettuali. A spiegarmelo in maniera molto chiara è stato quest’oggi il giornalista Pierluigi Battista dalle pagine del Corriere.it con un editoriale titolato “Quell’insofferenza per i Professoroni (nell’era dei 140 caratteri)”. L’unica cosa che non ho capito è perché quel termine é in maiuscolo: che l’highlighting nel format sia direttamente proporzionale al numero di lauree ottenute da costoro? Il dubbio mi assilla ma riesco a conviverci.

Vengo al punto. Nel suo bell’articolo il bravo Battista esprime dubbi sulla legittimità delle fobie più segrete del Premier, il quale vede “gufi” dovunque, ovvero Battista dubita che nell’epoca della comunicazione e della scrittura mordi-e-fuggi sia davvero possibile per gli intellettuali mettere i bastoni tra le gambe alle riforme renziane. Secondo il giornalista il “professorone” è diventato suo malgrado una sorta di capro espiatorio, il pennuto sui generis dietro la cattedra che gli adepti renzisti vorrebbero assoldato dalle “élites che tramano nell’ombra”. Lo status-quo, osserva lo scrittore, sarebbe comunque quanto meno “strano” se si guarda anche soltanto alla storia recente del partito del Premier e all’alleanza con tale tipologia di establishment specialmente nel ventennio berlusconiano. E fin qui il discorso fila.

Comincia a scricchiolare, a mio avviso, quando Battista scrive che “Ora, improvvisamente, si sono accordi (nda i renzisti?), che agli intellettuali italiani non va più una democrazia in grado di “decidere”, insofferente ai sacri riti del discussionismo perenne e inconcludente”. Poco dopo, lo stile battistiano diventa finanche epico quando racconta di come le nostre menti più raffinate, in un passato edenico, abbiano contrastato Craxi e Berlusconi, la Democrazia Cristiana, così come, vinti per la mania verso l’uomo forte, vedi i favori riservati al Duce, optarono in massa “per il decisionismo brutale di Stalin anziché per il mite e democratico De Gasperi”. Dulcis in fundo, Battista si scaglia contro la coda di paglia degli “attuali cantori del decisionismo” e conclude serafico che “un po’ di sana accettazione delle critiche può essere addirittura un corroborante”, mentre i gufi occorrerebbe lasciarli alla zoologia.

Confesso di essere di nuovo tornata “lenta”. Se è vero infatti che il Matteo Renzi vede “gufi” dapperttutto (e la faccenda comincia a diventare un tantino imbarazzante se non altro perché si vorrebbe un governo più moderno e meno votato alla superstizione stile italietta anni ‘anta, nonché un governo più preoccupato del fatto che i destini dell’affaire ucraino si stanno decidendo in queste ore senza la nostra attiva partecipazione: so much per l’ambiziosa candidatura dalla Mogherini di cui si è tanto detto!!!), è pure vero che non si capisce proprio di quali “élites” intellettuali stia parlando Battista, non a caso non tira fuori manco un nome se non quello di Elio Vittorini ma in-opposizione, dunque fuori dal coro. E quando mai noi italici abbiamo avuto una classe intellettuale così “coraggiosa”? Au contraire, l’intelligentzia italiana ha generalmente fatto voto di obbedienza a questa o quella linea politica non perché ammiratrice dell’uomo forte (un ammiratore dell’uomo forte era per esempio il Vate e certamente non é stato inglobato tra gli spiriti da ricordare dai sostenitori del radicalchichismo di maniera delle ultime decadi della nostra storia), ma perché generalmente furba, avida, prona all’obbedienza al padrone pur ti averne un tornaconto utilitaristico di qualunque natura. Personaggi come Giovannino Guareschi hanno pagato anche con la galera il loro vedere il mondo sotto prospettive sicuramente diverse.

Più che una storia d’amore e di coltello tra un lupo renziano impacciato e vari non ben identificati gufi intellettuali di esagerate ambizioni, le vicende raccontate da Battista mi ricordano la trama del ritorno dei morti viventi. Tutto può essere però, magari ha ragione lui, e la speranza è sempre l’ultima… a morire.

Featured image, un gufo professorone antirenziano da free clipartpal.com.

Youtube link a un cartoon americano anni 50: metafora di simili argomenti?


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