Quello che il renzismo non dice (156) – Sul riscoperto nazionalismo a sinistra, o del populismo renzista. E sull’imprescindibile pre-pensionamento di Jean-Claude Juncker.

Creato il 20 gennaio 2016 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Rina Brundu. Molti non se lo ricorderanno, anche perchè in Italia la memoria politica tende ad essere selettiva, insomma torna utile come conviene. Ma erano i tempi in cui furoreggiava il berlusconismo (e l’anti-berlusconismo) ed erano i tempi dell’aspra guerra editoriale tra lo stesso Berlusconi e il suo arcinemico Rockerd… pardon, Carlo De Benedetti. Erano i tempi in cui “in amore e in guerra tutto è lecito”, anche che la cosiddetta “intelligentsia” di sinistra diventasse l’arma contundente utilizzata da De Benedetti per attaccare l’avversario. Erano i tempi in cui dai generali di nome (vedi Scalfari), giù giù fino all’ultimo fante o galoppino giornalistico la parola era una sola: via Berlusconi da Palazzo Chigi! Sei berlusconico? Devi morire! Erano i tempi in cui – chiunque avesse almeno un neurone rincoglionito di cui nutrire l’anima – diventava pseudo-berlusconico sedutastante: infatti, non c’é nulla di peggio che vedere un barlume d’intelligenza fatto schiavo del potere, qualunque questo sia, di qualunque Partito sia emanazione.

Tuttavia, il peccato capitale commesso dall’intelligentsia sinistrica (ma era davvvero tutta quanta “intelligentsia”? Il tanfo ossimorico me lo sto solo immaginando?), non è stato tanto l’essersi messa al servizio del potentato di turno senza se e senza ma, quanto piuttosto non avere esitato a svendere all’estero l’immagine dell’Italia pur di raggiungere il risultato. Per noi che all’estero vivevamo fu un dolore inennarrabile vedere le marchette del “The Economist” preparate in Italia e circolate dovunque sotto il sole dai falchi e “colleghi” stranieri che non aspettavano altro; di fatto prendendo per il culo sia i nemici che i loro supposti “amici” giornalisti italici. Prendendo per il culo la loro “naïveté”.

Ma ecco, vent’anni dopo, il miracolo! Dopo le infelici uscite del nostro attuale Premier e il conseguente “rebuffing” in quel di Bruxelles, ecco che, all of a sudden, la sumenzionata “intelligentsia” (o quel che ne resta, causa rincoglionimenti vari che vanno dall’età a quelli di mera matrice neuronale), si riscopre nientepocodimenoche “nazionalista”: un poco come se dopo averci venduto la mamma al mercato degli schiavi adesso se ne rimpianga la sua ala prottetiva! Il tutto naturalmente senza pensare, come sempre! Senza neppure rendersi conto del pericolo che rappresenta, per un Paese gravato da un debito come il nostro e dunque esposto alle voglie smodate degli squali finanziari, un’eventuale “esportazione” del solito populismo renzista in sede europea: non sarebbe invece un caso in cui il Presidente della Repubblica debba intervenire presto e bene?

Detto questo, l’idea di comportarci come si comportarono i giannizzeri debenedettici venti anni fa non ci sfiora neppure, neanche mentre viviamo quello che riteniamo essere il periodo più nefasto della nostra storia moderna: il renzismo. È indubbio, infatti, che le recenti “esplosioni” di Jean – Claude Juncker siano fuori luogo. Di fatto sono le sue dichiarazioni che, per la prima volta da quando esiste l’Europa pseudo-unita, ne mettono seriamente in dubbio la sua utilità e quindi non dovrebbe sorprendere se già gli inglesi con il loro Referendum cominceranno a metterci una croce sopra. In verità ora come ora le certezze che abbiamo in merito sono soltanto due: che l’idea di Europa deve essere ridiscussa integralmente e che il tempo è venuto per il pre-pensionamento del Signor Juncker: prima se ne va meglio é!