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Quello che il renzismo non dice (26): l’era del politico scaltro. Sullo scontro Santoro-Travaglio e sul perchè sto con Travaglio.

Creato il 18 ottobre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
640px-Marco_Travagliodi Rina Brundu. Non si tratta di “schiena diritta”, come ha scritto qualcuno. La schiena volendo la si può piegare anche se nel caso di un giornalista professionista meglio sarebbe sempre che si spezzasse prima. E non si tratta neppure del “solito Travaglio” strafottente. Il fatto è che un vero giornalista, un vero critico, un vero opinionista (merce rara dalle nostre parti), dovrebbe comportarsi proprio come si è comportato Marco Travaglio pochi giorni fa durante la trasmissione “Servizio Pubblico” (La7) di Michele Santoro.

Cos’é successo? Nulla di che, in realtà. Galeotto fu il solito programma dell’ultimo Santoro straziato tra l’ardente desiderio di portare Beppe Grillo in studio e la frustrazione procurata dal continuato rifiuto di quest’ultimo di “cag*rlo” si direbbe dalle nostre parti. Non a caso la puntata in questione del suo “Servizio Pubblico” ormai alla frutta, titolavasi “Tutta colpa di Grillo?”. Il tema era l’alluvione genovese discussa per l’occasione dai soliti esperti de noartri freschi di pubblicazione libro, da quattro giovani “eroi” genovesi (generazione selfie), che nell’aftermath del diluvio si sarebbero rimboccati le maniche e per la prima volta in vita loro si sarebbero messi a spalare e da un Paolo Villaggio modello santone pro Grillo che ha prima iniziato un sermone infinito di cui si dubitava fosse una cazzata e che ci ha poi dato conferma che di cazzata trattavasi.

Dulcis in fundo il solito intervento travaglico con successiva apparizione, in collegamento esterno, del presidente della Regione Liguria Claudio Burlando. Una frase stizzita qui, un concetto esagerato là, una accusa neppure troppo velata ma reiterata, un intervento poco apropos di uno dei ragazzini in studio e la collera travaglica si scatena contro Burlando. Dal canto suo, il presidente ligure, fedele all’imperante filosofia renzistica del politico scaltro, gestisce molto bene (bisogna dirlo), la “furia” del condirettore de Il fatto, mantiene il sangue freddo ma si incaponisce a rispondere. Per nulla “appeased”, Travaglio gli fa sentire il fiato sul collo e quasi non lo lascia spiegare, proprio come faceva tempo fa con Berlusconi. Then again il renzismo non è il berlusconismo, ha una sua facciata elegante e questo Santoro lo sa bene, da qui, forse, lo scoppio dell’ira funesta contro il partner professionale di una vita e, quando costui si è già alzato e ha abbandonato velocemente lo studio, il  pistolotto sulla sua mission di strenuo difensore del diritto a parlare di tutti, professori o asinai.

Cazzate! Cazzate anche queste, perché Santoro – chi ha seguito i suoi programmi lo sa bene – non ha esitato a interrompere Tizio e Caio in innumerevoli occasioni, quando ha giudicato che fosse il momento di farlo o convenisse farlo. Vero è che rivedendo il programma a posteriori, si notano numerose stoccate rifilate da Michele a Marco, frecciate assolutamente incomprensibili se si pensa che l’ospite in studio era Travaglio: e gli ospiti in casa sono sacri. Si mormora, si legge, che, in epoca renzista, dominata dalla figura importante del politico scaltro, del politico giudizioso per calcolato tornaconto, del politico salvato alle acque dei vari scandali zampe pulite, sboom economici e rottamazione digitale, del politico afflitto dalla Sindrome Anti-Sansone (ovvero determinato a restare a galla con tutti i filistei suoi pari)… ebbene, si mormora che stia diventando sempre più difficile per il Santoro d’assalto avere ospiti che-contano come ciliegiene sulle torte delle sue trasmissioni. Di fatto, quegli ospiti se ne guardano bene dal farsi leggere, davanti alla città e al mondo, la lista dei peccati passati presenti e futuri dalla boccuccia di rosa del solito Travaglio che non perdona… Mi chiedo, che colpa ha Travaglio dei peccati amministrativi e politici altrui? Io, per esempio, non l’ho mai sentito prendersela contro Madre Teresa di Calcutta, o mi sbaglio?

Ma che c’entra tutto questo con quello che il renzismo non dice? C’entra perché Travaglio è uno dei pochi giornalisti che ancora ancora riescono a criticare il nostro giovane premier Matteo di Calcutta senza peccato, pardon, Matteo Renzi (basti pensare a come nell’incipit del suo intervento ha ricordato le 77 ore di presenza TV di costui durante l’ultimo mese, che anche i dittatori nordcoreani, di questi tempi, sembrano più discreti!), e soprattutto riesce a farlo con estrema libertà essendo il suo giornale una voce economicamente libera. Ci sono insomma motivi più che buoni per difenderne la figura, indipendentemente dai suoi interessi (chi di noi non fa i suoi interessi per portare la pagnotta a casa???), indipendentemente dalla sua simpatia. Neanche io sono simpatica. Nessun critico vero dovrebbe esserlo perché il giorno in cui lo diventasse si avrebbe matematica certezza che non ha più niente di valido da dire!

Featured image, Marco Travaglio, fonte Wikipedia, autore Jaqen (Niccolò Caranti)

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