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Quello che il renzismo non dice (76) – Una soluzione politica per la Libia? Sul caso Mogherini e sulla collaborazione dell’Web. E a proposito della World Virtual War I.

Creato il 18 febbraio 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
untitleddi Rina Brundu. Le vie della diplomazia sono da sempre contorte, ma a volte lasciano davvero senza parole. Quando si sente la comunità internazionale che all’unisono chiede a gran voce una “soluzione politica” per una Libia dilaniata da guerre intestine e – se i testimoni oculari hanno detto il vero – con l’ISIS che sarebbe presente a Tripoli da tempo, l’unica domanda che sorge spontanea è: una “soluzione politica” da trovare con chi? Con quale interlocutore? A meno che naturalmente non si stia pensando di faxare RSVP le richieste occidentali a ciascuno di quei signori di nero vestiti che pochi giorni fa hanno portato diversi egiziani cristiano-copti su una spiaggia deserta e poi li hanno sgozzati senza pensarci due volte. Chissà, magari, tra un atto barbaro e l’altro, troveranno il tempo di fornire cortese risposta.

La verità è che nell’intricato groviglio di “interessi” internazionali a cui si deve per forza piegare la cogitazione logica, alcuni elementi si vanno delineando sempre più chiari: in primo luogo la determinazione dell’amministrazione americana a non farsi coinvolgere più del necessario, detto altrimenti sono “problemi per lo più vostri”, e quindi una data freddezza degli altri paesi occidentali, la Gran Bretagna e la Germania in primo luogo, che subito trasforma quei problemi in problemi “nostri”.

Che la Libia sia soprattutto un nostro problema, un problema italiano, credo sia assodato. Ci si domanda, per esempio, in che modo il Matteo Renzi che attende una risoluzione dell’Onu, che raccomanda la “soluzione politica” con l’attendismo furbo tipico del renzismo, intenda proteggere gli interessi dell’Italia, dell’Eni, in quelle regioni. Ancora, ci si domanda in che modo intenda arginare un flusso migratorio che diventa insostenibile ogni giorno che passa. Al tempo dell’accordo con Gheddafi, Berlusconi fu ampiamente criticato per una soluzione tampone eticamente condannabile ma fondamentalmente efficace sul piano pratico, oggidì non possiamo neppure permetterci il lusso di una tale opzione che non sarebbe comunque fattibile proprio per la mancanza di interlocutori.

Ancora una volta dunque, l’Italia che non perde occasione di appellarsi all’Europa per risolverle i problemi economici, e all’America o all’ONU per risolverle le questioni politico-militari, si ritrova ad essere surclassata finanche dall’Egitto e a fare da galoppino tra questa e quell’altra sede diplomatica nell’attesa del nulla. Nonché di ricevere un altro “schiaffo” in faccia come quello appena ricevuto dalla Merkel e da Hollande sulla questione-Ucraina gestita con determinazione dalla Germania e dalla Francia e, da ciò che traspare, senza disturbare troppo Federica Mogherini, il nostro Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, il cui titolo e posizione appaiono sempre più quelli di chi occupa un “cerimonial post”.

Ne deriva che – all’interno delle complesse dinamiche di quella che sembrerebbe essere la prima World Virtual War – tutto ciò che ci resta è la delega (vedi l’appello odierno alla “Collaborazione dell’Web”) dei governi del mondo, con il nostro in prima fila, ad Anonymous e a tutti noi internauti ad agire in nome e per conto loro e a prenderci la responsabilità di sconfiggere l’ISIS. Per carità, se la patria chiama non ci tiriamo indietro, WE ARE ALL ANONYMOUS, tuttavia per qualche ragione continuo a pensare che quei signori di nero vestiti di cui sopra, si faranno difficilmente impressionare sia da questo scritto così come da tutti gli altri.

Featured image, we are all Anonymous.

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