Quello che le blogger vogliono: "Obsidian" di Jennifer L. Armentrout

Creato il 10 luglio 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario

Pubblicato da Elena Bigoni

Cari lettori,

Modelli di Abercrombie & Fitch all'entrata del negozio

Negli Stati Uniti, patria indiscussa del paranormal romance, Obsidian è stato definito un caso editoriale: un libro – e una serie – che ha raggiunto le vette delle classifiche di vendita conquistando compagini di lettrici sfegatate. Alcuni, forse malignamente, forse no, hanno ipotizzato che il successo dell’opera non fosse dovuto agli elementi originali, allo stile dell’autrice e alla storia, quanto per l'inusuale strategia di marketing attuata, ispirata quasi sicuramente alla Abercrombie & Fitch. L'autrice, infatti, durante il tour promozionale si è fatta accompagnare dal modello della cover americana (Pepe Toth), che è diventato così, agli occhi di tutte le fan, l’unico possibile volto del protagonista Deamon. Sarà stato il fascino di Toth, e la distesa di addominali scolpiti, a decretare il successo di Obsidian? Forse no, sebbene questa nuova strategia potrebbe rivelarsi una nuova rivelazione nella promozione del paranormal romance, nonché un rilancio del genere stesso dopo che l'onda lunga di Twilight si è acquietata.
In Italia, il privilegio di pubblicare Obsidian è andato alla Giunti Editore, che ha deciso così di accontentare un gruppo blogger che, con una petizione pubblica firmata da diverse centinaia di persone, richiedevano che la serie Lux fosse tradotta anche nell'italica penisola.

Sarebbe però da ingenui pensare che una manciata di firme siano riuscite a convincere un editore alla pubblicazione. Indubbiamente la petizione è servita a far notare il romanzo a chi di dovere, ma la scelta è stata dettata da altri fattori, non ultimo il potenziale commerciale del romanzo e il suo perfetto inserimento nelle attuali richieste di mercato. L'idea è lodevole: il tentativo è quello di instaurare un contatto diretto, veicolato dalla rete, tra il pubblico ricevente e la casa editrice. Dobbiamo però essere realistici, i blogger non hanno ancora un'influenza tale per condizionare significativamente le decisioni di una casa editrice. Al momento, però, possono ricoprire la posizione di consiglieri, soprattutto per la segnalazione di romanzi stranieri conosciuti attraverso la blogosfera statunitense.
Qualcuno potrebbe parlare di casi isolati; c'è chi afferma che i blog rappresentano solo un fenomeno marginale nell'editoria italiana, e che non riescono a spostare significativamente le vendite. Adesso! Ma in futuro?

Nei prossimi anni, quando il fenomeno si sarà stabilizzato e consolidato, i lit-blog rappresenteranno una risorsa fondamentale, molto più di adesso, sebbene gli editori utilizzino i blog come veicolo pubblicitario economico. La generazione 2.0 attuale è solo l’avanguardia del mutamento in corso e sarà – spesso lo è già – il primo soggetto a cui faranno riferimento le statistiche e le campagne di marketing. I recensori attivi in rete, in futuro potranno diventare una voce autorevole, fidata, per i lettori, dopo anni di attività di blogging sulla rete. Quello che non si può prevedere è la selezione: quali blogger diventeranno influencer? Quanti di questi riusciranno a dare un apporto qualitativo alle scelte editoriali?

Quando ho scoperto l'iter di pubblicazione di Obsidian, i giochi erano fatti. Sebbene un po’ scettica, desideravo essere coinvolta così da poter poi dire: “Ecco, i lettori sanno cosa vogliono, non siamo pecorelle delle mode, sappiamo valutare un prodotto. Vogliamo intrattenimento, ma che sia di qualità.” Non mi aspettavo un capolavoro, ma certamente non un mix poco originale tra Twilight e Roswell narrato con uno stile sciatto e banale, personaggi solo abbozzati e una storia, dal grande potenziale (questo è indubbio), non adeguatamente approfondita.

Durante la lettura, e al suo termine, un tarlo mi rodeva: “È questo il meglio che la produzione straniera offre in merito al paranormal young adult? È questo quello che le lettrici italiane vogliono? E soprattutto, se è questo quello che vogliono, cosa ci riserverà il futuro editoriale? Questo connubio tra lettori e case editrici è auspicabile oppure, per dirla da “bravo” di manzoniana memoria, “questo matrimonio non s’ha da fare”?

Il libro della Armentrout dimostra senza ombra che avere un’idea semi-originale non è l’unico ingrediente per creare un buon libro. Se al termine ‘alieni’ sostituiamo ‘vampiri’, assistiamo al revival della storia di Twilight: un amore impossibile e improbabile tra due adolescenti di specie diverse che lottano senza riuscirci contro i propri sentimenti e contro il nemico della specie “aliena”. Che sia una lotta per mantenere lo status quo, per difendere il proprio amore o la distruzione degli alieni, e probabilmente della Terra, l’equazione non cambia, anzi, mostra tutto il proprio limite nel momento in cui l’autrice ha la geniale idea di riproporre interi momenti che sembrano la fotocopia del suo omonimo vampiresco (trasferimento in una remota cittadina degli Stati Uniti – ma, leggendo gli YA non vi sembra che negli USA di recente il flusso migratorio si sia terribilmente intensificato? – genitore unico quasi sempre assente che lascia la figlia in balia degli eventi e degli incontri ‘strambi’, passeggiate nei boschi e tavolo degli asociali solo per citarne alcuni). Nonostante il world building e le dinamiche tra le varie specie abbiano un certo appeal, non sono sufficienti per risollevare il tedio generale.


C’era da sperare nei personaggi che, sebbene propongano un appagante e piacevole diversivo grazie ai loro continui battibecchi e giochi di attrazione/repulsione, non riescono a superare il circolo vizioso di due adolescenti qualunque alle prese con gli ormoni impazziti. Esaurendo il loro rapporto in poche banalità viste e straviste (mi piaci, non mi piaci, ti devo difendere, so difendermi da sola, tu non sai chi sono e cosa posso fare, non preoccuparti io posso accettare tutto). La psicologia e la personalità dei protagonisti viene quindi solo abbozzata. Di certo nemmeno lo stile dell’autrice aiuta, risultando a lungo andare banale e semplicistico, per aggiungere un minimo di pathos alla narrazione. Nel caso di romanzi di qualità non eccelsa avevamo come giustificazione il fatto che non fossimo noi a decidere, ma adesso le carte in tavola sono cambiate. 
È questo quello che realmente vogliamo o è semplicemente ciò che ci meritiamo?


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