opera di Banksy
Il brutto di considerare amico qualcuno è che, prima o poi, quello si mette in testa di farti mettere con qualcuna, generalmente un’amica della sua donna; e Claudia, la moglie di Renato, di amiche ne ha una scorta senza fine. Anche Claudia, a suo modo, è come Renato e come quel tale che non dava alcolici ai vecchi; lei pensa di fare la sua parte nel mondo accoppiando a caso tutte le persone non accoppiate che gli passano davanti. All’inizio mi ci sono messo d’impegno per farla desistere: ho trattato di merda tutte le sue migliori amiche, sono stato maleducato, volgare, aggressivo, ma non è servito a nulla; la mattina dopo Claudia aveva sempre una nuova candidata. Così ora mi sono arreso, mi limito a venire a queste cene senza celare la noia e la discreta rottura di coglioni; ordino una pizza ai funghi, parlo solo se interrogato, chiedo il conto sbuffando e poi sparisco.
Questa sera è il turno di Stefania, una biondina di un metro e sessanta scarso, jeans e pulloverino blu, borsa rosa e stivali col tacco… ecco… i tacchi, mentre parla ogni tanto sbatte il tacco destro per terra: scalcia insomma, come un cavallo, anzi come un pony, vista la statura. Non sarebbe nemmeno male, ma stasera mi ha detto sfiga: dalle presentazioni scopro che il pony è una collega di Claudia, la categoria peggiore, nulla a che vedere con le amiche, le amiche delle amiche, le cugine, le lontane parenti, quando c’è una collega in ballo Claudia è insopportabile. Più del solito intendo.
Il ristorante è sempre lo stesso, il cameriere ci conosce e mi guarda con invidia. O con disprezzo, non so.
-Allora che fai nella vita?
Mi fa la biondina. Quel figlio di puttana di Renato ha ordinato da bere prima che lo potessi fare io, quindi mi tocca rispondere.
-Lavoro.
-Beh… ok… ma di che ti occupi?
-Comunicazione d’impresa.
-Ah… interessante, ma esattamente cosa fai?
-Voi sapete già cosa prendere?
Chiedo, una buona scusa per cambiare argomento, ma sotto il tavolo Renato mi colpisce la caviglia, col suo scarpino laccato a punta da avvocato: fa un male cane.
-Spartaco lavora in proprio, ha una piccola agenzia. Ma non ama molto parlarne.
La biondina ride, ha un bel sorriso.
-Beh magari ne riparliamo a stomaco pieno, eh?
E mi fa l’occhiolino, la biondina. Non è affatto male, peccato averla conosciuta in questa occasione.
-Noi andiamo a lavarci le mani.
Dice Claudia lacrimando adrenalina.
-Senti Renà, questa storia della chiesa non mi convince… dobbiamo capire…
Dico all’unico rimasto a tavola, ma prima che possa finire la frase, Renato mi blocca la testa tra le mani e mi dice: -No senti tu testa di cazzo: se Dio vuole, questa sembra tanto pazza da trovarti attraente, e tu, mia bella testa di cazzo, stavolta non mandi tutto a puttane, hai capito? Io non ne posso più Spartaco, io non ne posso più: non esco da solo con Claudia da mesi, sei diventato la sua ossessione… quindi; quando quella… che diciamocelo: è anche un gran scopata… quando quella torna a tavola, tu fai di tutto, e dico di tutto, per non farti dare dello stronzo prima del caffè. Hai capito?
Io non amo gli ordini, ma odio sentirmi incapace; in fondo che mi costa? Fingere divertimento: per una sera lo posso anche fare, magari ci cascano e non mi rompono più le palle, che mi costa? Per una sera posso provare a essere brillante. E allora racconto: racconto di tutte le botte prese da mia nonna e a scuola, racconto di quando non avevo neanche i soldi per comprarmi un maglione, racconto di quando quasi morii assiderato, racconto, e loro ridono, sì, ridono, ridono perché questa sera racconto, e sono brillante, divertente. E allora continuo: racconto di quando per strada camminavo a testa bassa nella speranza di trovare qualche mozzicone ancora fumabile, racconto di tutte quelle volte che entravo nei cinema dall’uscita di sicurezza per non pagare il biglietto e per soffocare il tempo, racconto di Victor Lustig, racconto di Lina Wertmuller, racconto. E mi ritrovo fuori dal ristorante, con il pony che mi guarda e mi chiede:
-Mi accompagni?
Questa deve essere davvero pazza.
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