Ho trovato la descrizione di Istanbul che in assoluto preferisco. Una descrizione piena di ritmo, di immagini, di odori. Coglie tutta la dualità di Istanbul, il suo essere celeste di bellezza e diabolica di un caos mefitico. Una città da guardare dal mare. Assolutamente. Il mare è parte di Istanbul. E una volta entrati tutto cambierà, fatalmente. Per trovare un città di anima e di carne, di corpi e di rumori, di incontri e di addii. Una città di puzze e di profumi, di contraddizioni e di pause, immersi nel viola di un tramonto appeso al filo di mille riflessi.
Antica come il mondo, immortale come un mistero, terrena come un difetto: in una parola, unica.
"Il mare fa pensare alla laguna veneta, ma un po' meno assonnato. e dove la città svolta e comincia il Corno d'oro, s'affaccia il verde del Serraglio; la visione si chiude come scavata in una gemma. Non si può immaginare niente di meno spettacolare: anche le grandi cupole, di santa Sofia e della Sultan Ahmet, non si sporgono tanto da rompere il profilo compatto della città, in cui i minareti non rappresentano che pause ritmiche come i divisori di un polittico.
Si sa subito che una città simile non ha l'eguale, e che la stessa città, una volta che ci si è entrati, non assomiglierà più affatto a questa improvvisa immagine con cui si offre. Napoli invece, ripropone sempre se stessa, da qualsiasi lato si guardi.
Costantinopoli, non la rivedrete più che dal mare. Una volta entrati, la città alza un velo intorno a se stessa. E' un'altra città, rubesta, dedalea, disordinata, con i monumenti smistati l'uno dall'altro come stazioni della Via crucis. E' una città in cui gli odori forti e i soffi algidi che insinua il Bosforo dal Mar Nero si alternano come se si spirassero da segrete bocchette di aerazione; e l'una porta alla cucina, l'altra al cielo."
~ Cesare Brandi, Quest'improvvisa immagine, da Arrivo a Costantinopoli in "Il Resto del Carlino", 4 ottobre 1955, ora in C. Brandi, A passo d'uomo, a.c.d. V. Rubiu, Editori Riuniti, Roma 2004 ~