Come diceva quel tale protagonista di un noto film, francamente me ne infischio.
Ci sono dei libri, se uno vuole se li legge, se gli piacciono prosegue, altrimenti passa ad altro.
Sui gusti non si discute, si può trovare noioso il miglior Hermann Hesse o banale Hemingway, pesante Umberto Eco o superato Shakespeare…ciascun lettore deve dare il proprio secondo ciò che sente.
Non per forza bisogna leggere con attenzione e rispetto: se Pasolini è un maestro, si può abbandonare la scuola e passare al romanzo rosa senza che questo debba scandalizzare alcuno.
Siamo lettori o critici? Lettori direi.
E vista la lontananza che molti di questi addetti ai lavori hanno rispetto alla non propriamente enorme massa di lettori, ben vengano le opinioni personali.
Detto questo lascio le conclusioni a chi sente di essere nella posizione di dire agli altri cosa vada letto e cosa no e mi butto nel commento a Questa è l’acqua, una delle raccolte di racconti di David Foster Wallace che ben rappresenta il suo tipo di scrittura particolare e ben riconoscibile.
Uno stile pieno di richiami, di rimandi, di lunghi periodi con tanti livelli uno dentro l’altro; un modo di scrivere ricco di matematica, sia nelle descrizioni, sia nel ritmo.
Detta in questo modo sembra una scrittura anche ostica e impegnativa; spesso però sono frasi brevi ed incisive che rendono il quadro esatto di una situazione.
Ad esempio questa presa dal primo racconto del libro:
Sophie Silverfish finì di dare di stomaco e si alzò dalle ginocchia tirando il pigro sciacquone.
La sensazione che arriva immediata è quella della routine quotidiana, come lavare i piatti dopo pranzo; solo dopo un momento si realizza che si tratta sì di routine, ma di una routine estremamente drammatica e continuativa.
Il verbo finire, per come viene usato qui, ha già tutto dentro; non serve altro per dare il quadro della situazione e mettere bene in evidenza quella che è la realtà della condizione di Sophie. Basta una frase.
Ecco, l’alternanza tra lunghi intricati periodi contraddistinti da numerosi incisi e queste frasi semplici e dirette, sono la caratteristica principale della scrittura di David Foster Wallace.
A volte si ha l’impressione di essersi persi qualcosa, ma poi c’è una di queste stilettate che ti riporta in modo secco alla realtà del racconto.
Questa è l’acqua si compone di cinque racconti ai quali è stata aggiunta, quasi come un sesto capitolo, la trascrizione del discorso che Wallace tenne alla cerimonia di laurea al Kenyon College nel 2005 (riguardo ai discorsi universitari di personaggi importanti come Steve Jobs e Randy Pausch parlerò in un prossimo articolo).
Oltre al primo e già citato Solomon Silverfish, gli altri due più meritevoli sono il divertente Ordine e fluttuazione a Northampton e il pesantissimo Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta dal quale si capiscono molte cose dell’autore.
Dal discorso ai laureandi, Questa è l’acqua, che dà il titolo al libro, ecco un breve passaggio:
Sono sicuro che ormai saprete quanto sia difficile tenere alta la soglia di attenzione e non farsi ipnotizzare dall’ininterrotto monologo che si svolge nella vostra testa.
Quello che ancora non sapete è quanto sia alta la posta in gioco.
…
Potrà sembrare un’iperbole o un’astrazione priva di senso. Perciò mettiamola sul piano pratico.
Il fatto è che voi laureandi non avete ancora ben chiaro cosa significhi realmente “giorno dopo giorno”.
Tempo di lettura: 4h 37m