Questo sabato finalmente, dopo anni che vivo qui, mi sono decisa a visitare uno dei mercati più famosi in città, e anche uno dei più chiacchierati.
Ne parlano guide turistiche e addetti ai lavori (la moda, ma non solo) perché sembrerebbe il mercato più grande, e quello più rifornito di beni “di lusso”, ovvero abbigliamento, calzature, pelletteria etc. di marca. Molto di marca.
O contraffatti, molto ben contraffatti.
A me non dispiace valutare né l’una né l’altra cosa, perciò ci sono andata. a buttare l’occhio. A VALUTARE, badate bene, a guardare la mercanzia insomma. Vi parrà strano, ma non ho mai comprato una borsa contraffatta in vita mia.. se non posso avere l’originale, che gusto c’è a prendere l’imitazione a poco?? è una cosa che non comprendo.
Ma non è di questo che vi voglio parlare, né del mio sgomento per i prezzi esorbitanti cui mi sono trovata di fronte una volta raggiunto il mercato (altra cosa che non comprendo: ma se devo trovare prezzi “da negozio”, cosa ci vado a fare a comprare la roba al mercato.. dove di solito vado per risparmiare??), bensì della cosa che più mi ha fatto odiare questo mercato, e mi ha dato da pensare. Ovvero, l’esserci andata con un’amica che, difronte al mio palese smarrimento per quei prezzi così alti, mi ha fatto capire la reale misura dell’indifferenza, e persino l’ignoranza (nel senso di non conoscenza) che c’è in giro a proposito di cosa vuol dire essere disoccupato, non avere mai soldi in tasca (o comunque mai abbastanza soldi in tasca), non arrivare a fine mese, non sapere come comprarsi da mangiare figuriamoci da vestire, che non ha il minimo indispensabile…per non parlare del superfluo!
Forse perché queste sono tutte locuzioni che ormai si usano abitualmente per piangere, da un occhio o da quell’altro, e lamentarsi, forse perché noi disoccupati che “non ce la facciamo” o “a malapena ce la facciamo” non lo diamo mai a vedere. Forse perché sbarcare il lunario è un’arte e nessuno cci vede con pennina e quaderno ad annotarci le spese fisse, le poche entrate, fare le sottrazioni e calcolare al centesimo la spesa del giorno dopo… fattostà che chi non ci è veramente dentro non capisce.
Continua a non capire.
E se glielo dici, ti guarda come se stessi parlando l’arabo (e sotto sotto pensando che dai, stai per forza esagerando su..).
cioè, mi era già successo, e ci avevo fatto caso ma non troppo… del resto conosco ancora molte persone che hanno ancora un lavoro, e nessun sospetto di quello che è accaduto, che continua ad accadere, o che potrà succedere a loro, un giorno o l’altro. Gente che spegne la tv infastidita quando i telegiornali parlano delle percentuali di disoccupati in Italia, di spending review, di famiglie italiane sull’orlo dell’indigenza (o a sguazzarci direttamente dentro) o difronte ai piagnucolanti casi umani della D’Urso (beh, a quelli spengo la tv anche io).
Ma aggirarmi per questo mercato, spalancando gli occhi oltraggiata difronte a botte di 60-90€ per un paio di scarpe (Prada però, vuoi mettere?) 140€ per gli stivali (eh ma in vitellino!), 120€ una camiciola trasparente (ma è Phard, dolce e Gabbana, Armani!) e cinquantoni di euro per dei cappottini vintage (=usato! ma garantito eh…), con accanto una persona che ad ogni mia esclamazione replicava: “Vabeh dai non è tanto, pensa che in negozio costa di più”…mi ha fatto innanzitutto sentire una poveraccia (come se ce ne fosse bisogno) e in secondo luogo mi ha fatto proprio capire che la gente, anche se glielo dici, come stanno le cose, proprio non comprende.
Non ce la fa. Non ci arriva, e se ci arriva poi se lo scorda.
Forse perché per loro l’equazione è facile lavoro = guadagno = compro mentre noi ci ingrippiamo già al primo termine?
Mah, per me questo resta uno dei misteri non spiegati del mondo.
Questo, e come fanno a costare così tanto le robe al mercato.