Questa mattina sono andato al S.Carlo

Creato il 10 luglio 2014 da Carlo Di Somma @carlodisomma

Mancavo da tanti anni da questo straordinario teatro, che quasi non lo riconoscevo. Da ragazzo e da adulto l'ho frequentato, con assiduità e con passione. Le più belle opere e tanti concerti, compreso quello di quell'angelo del pianoforte che si chiamava Benedetti Michelangeli... E' sempre una emozione mettere piede in quel grande catino, con quelle luci, quegli stucchi, quei colori, quell'immensità di spettatori; specie se ti capita di entrare in uno dei palchi delle file superiori: ti trovi al centro della... beltà del mondo. Questa mattina non c'era uno spettacolo tradizionale nel grande catino, c'era semplicemente un incontro, una chiacchierata tra due uomini semplici, due uomini di diversa, ma grande, estrazione culturale e di uguale sentire morale, ed anche spirituale... C'erano Eugenio Scalfari e Roberto Benigni. Dopo un po' di scaramucce, naturalmente scherzose, l'attore comico avrebbe letto, alla sua solita, straordinaria maniera, il XXVI Canto dell'inferno dantesco. Ma il tema era allettante e si prestava ad ogni piacevole gag.

Allora Scalfari ha detto che con la prossima uscita di scena di Giorgio Napolitano la poltrona del Quirinale sarebbe toccata proprio a lui, Benigni. Ma poi ci ha ripensato ed ha aggiunto, forse è meglio Palazzo Chigi, e Benigni ha risposto: non sarebbe meglio tutte e due? E così continuando, con la proposta di nomina a Rettore della più prestigiosa università italiana...e Benigni, in tutta risposta: ma se stiamo ancora qui a discutere del mio futuro finirò con l'essere indicato come un buon maestro elementare in una scuola di Secondigliano, visto che siamo a Napoli...Il battibecco sul futuro di Benigni è continuato: no, tu dovrai essere Papa. E qui in una tenerissima effusione, un abbraccio, si è sentita la voce dell'attore che ha detto: ti voglio bene... Successivamente, in due "assoli", sono stati evocati due grandi personalità che da tempo ci hanno lasciato. Scalfari ha ricordato Enrico Berlinguer, suscitando una delle ovazioni più grandi che si possano verificare all'indirizzo di un personaggio amato e unanimemente stimato. Benigni, a sua volta, ha voluto dedicare la sua imminente "performance" all'amico più caro: Massimo Troisi.

E ancora applausi, a non finire. Ma le scaramucce politiche non potevano non riferirsi che al tema del Canto dantesco, che parla dei consiglieri fraudolenti. Il riferimento è a quei politici fiorentini che (siamo nel 1300) non agirono con le armi e con il coraggio, bensì con l'acutezza spregiudicata dell'ingegno. E Dante, con la sua invettiva: " fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtude e canoscenza"... E parlando del S.Carlo e delle grandi opere che qui si mettono in scena, i due interlocutori hanno facilmente ironizzato su altre grandi opere, non quelle liriche, non la Traviata, la Norma (e qui Scalfari ha aggiunto, maliziosamente, la recentissima esecuzione de "I Pagliacci" di Leoncavallo) ma quelle dei nostri tempi, che si riferiscono all'edilizia o alle grandi infrastrutture come il Mose o l'Expo, e hanno ironizzato sugli uomini dall'ingegno spregiudicato, che hanno creato al nord un vera malavita organizzata. E Benigni, con la sua arguzia ha suggerito: state attenti a che non scenda al sud, quella malavita, tenetevi alla larga.

L'ironia verso l'ex Cavaliere è partita molto sottilmente da Scalfari che, riferendosi alle donne di Odisseo ha quasi riassunto il terzo capitolo del suo bel libro che prende il titolo da un verso proprio del XXVI Canto" per l'alto mare aperto"... : Penelope, Circe, Calipso, Nausicaa e infine Atena. E Benigni si è lasciato andare ai ricordi... della nipote di Poseidone, e alle sette ville di Itaca, e al terrore per le sirene... Poi è tornato serio ed è apparso un leggìo, il suo leggio, e la Commedia. Prima la sua solita, grande, narrazione del Canto e poi la lettura, straordinaria, fantastica, nel silenzio profondo del S.Carlo, fino al richiesto, supplementare, silenzio finale, di alcuni secondi, e poi l'applauso infinito. Ha concluso Scalfari. Ha detto: vorrei dire una parola: non va bene che tu sia Papa, perché tu sei un poeta.

Per gentile concessione di Franco Maiello

Tratto da Fuga di Notizie dell'8 giugno del 2014

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