Questa non è una recensione di The Book of Souls

Creato il 23 settembre 2015 da Cicciorusso

Puntualmente a ogni nuova uscita degli Iron Maiden mi segnalano una serie di perle da forum e gruppi facebook di fan degli Iron Maiden, che uno all’inizio pensa “Anche io sono fan degli Iron Maiden, questi ritrovi virtuali non potranno essere poi così male”, e invece col cazzo. Per qualche motivo pare che i Maiden attirino una gran quantità di gente messa malissimo che interpreta la cosa un po’ troppo seriamente, contribuendo a costruire lo stereotipo di una categoria di fan simile a quelle di Bruce Springsteen, degli Oasis, dei Pink Floyd o di Vasco Rossi: gente convintissima che la musica inizi e finisca con quella partorita dai propri beniamini, che sono musicisti con ancora tantissimo da dire e i cui prossimi dischi saranno sicuramente all’altezza di quelli storici; della qual cosa peraltro si discuterà copiosamente nelle conventicole virtuali di cui sopra. Questa gente riesce a prendere sul serio anche le interviste della band stessa, e quando l’anziano cantante o chitarrista di turno dichiara “Crediamo veramente molto in questo album. Lo abbiamo creato con l’anima, ricreando un feeling che non provavamo dai tempi del 19XX, e crediamo sia il migliore che abbiamo mai composto” mica pensano che sta sparando una cazzata, o che ormai è un bolso borghesuccio vegetariano che gioca a golf e non racconta barzellette sessiste per non offendere il ruolo della donna nella società: lo prendono sul serio. Tutto ciò, ripeto, è molto strano, perché io ho frequentato molto intensamente i forum metal per oltre quindici anni (sempre al fianco del miserabile Carrozzi, peraltro) e la categoria di fan degli Iron Maiden non esisteva perché, vedi un po’! si era tutti fan degli Iron Maiden.

Ad esempio esistevano i fan dei Metallica, soggetti piuttosto borderline e molto simili alla descrizione qui sopra: ed esistevano perché mica si era tutti fan dei Metallica post-anni ottanta né tantomeno disposti a berci qualsiasi stronzata pronunciata dal fanfarone danese o a giustificare la sua crociata contro Napster, quindi in qualche modo loro si differenziavano. All’epoca c’era Lars Ulrich che diceva che St. Anger sarebbe stato “un ritorno al thrash”, un “incrocio tra Meshuggah ed Entombed” (testuale); e c’erano quei soggettoni che lo prendevano sul serio mentre tutti gli altri, giustamente, li schernivano. Poi il disco è uscito, si è rivelato essere ben oltre i più bui timori e i suddetti fan dei Metallica riuscivano a parlarne, a scrivere dite quello che volete ma a me sta cominciando a piacere XD e tutti gli altri, giustamente, li schernivano. Aveva dunque senso la categoria di fan dei Metallica, perché costituiva una minoranza di fanatici assolutisti presi a male che tendevano a fare gruppo tra di loro, così da poter parlare tranquilli di Reload senza che nessuno li schernisse. Ma mai nessuno, da che io ricordi, ha mai interpretato il personaggio di fan degli Iron Maiden nello stesso senso descritto sopra. Perché i Maiden non avevano ancora tirato troppo la corda, diciamo così, e per tutti i metallari, nonostante tutto, rappresentavano ancora una cosa molto simile a quella che rappresentavano quando eravamo piccoli. Forse è per questo che la categoria è venuta fuori adesso, anzi sì, dev’essere proprio questo il motivo. 

Quindi immaginatevi la reazione di certi personaggi alla recensione di Carrozzi in cui quest’ultimo sostiene non solo che The Book of Souls fa schifo, ma anche che è assurdo che ci sia così tanta gente ancora disposta a regalare soldi agli Iron Maiden nel 2015 comprandosi ogni disco, live, raccolta, videogioco o ammennicolo su cui ci sia stampato il nome IRON MAIDEN sopra. A parte il giudizio sul disco (per me è solo noioso e a tratti fastidioso, ma non fa schifo), a parte il giudizio sul disco, dunque, non è che Carrozzi abbia tutti i torti. Cioè, ha centrato il punto: non si tratta neanche tanto di farsi piacere gli ultimi loro dischi quanto il prendere tutto così sul serio; il non capire che un conto è trattare a quel modo Piece of Mind (o Symbolic, o Defenders of the Faith, o Hell Awaits), altro conto è parlare così di Book of Souls ; il blocco mentale di non riuscire a trattare gli Iron Maiden per quello che sono, ovvero un gruppo creativamente finito dal 1987 e che, dopo un rigurgito di dignità con l’esperimento-Blaze (peraltro finito nel peggior modo possibile, da parecchi punti di vista), ha sempre pubblicato dischi a scadenza regolare, per esigenze commerciali, e che peraltro è diventato una multinazionale con introiti mostruosi che probabilmente nessun altro gruppo metal al momento può sognarsi di raggiungere. Hanno questi introiti mostruosi perché fanno la migliore musica del mondo? Ovviamente no, altrimenti Justin Biberon sarebbe il più grande cantante degli ultimi dieci secoli: hanno questi introiti perché sono un’azienda di cui Steve Harris è presidente e amministratore delegato, e noi siamo il target di mercato. Sono più o meno questi i termini in cui parlare di gruppi come i Maiden, o gli Slayer, o i Dream Theater, eccetera. Quindi farsi il travaso di bile perché un pelato de L’Aquila ha parlato male dell’ultimo dischetto prodotto in serie dagli Iron Maiden mi sembra grottesco e deprecabile quanto accoltellarsi per un parcheggio in centro. Io quando leggo di due che si sono accoltellati per un parcheggio penso sempre: “Eh, che trimoni”.

Però vorrei discutere anche della cosa che più mi sconvolge in queste periodiche alzate di scudi in difesa dell’onore del proprio gruppo preferito: il concetto di INVIDIA. Non ti piace il nuovo disco del mio gruppo preferito? Sei invidioso. Con il corollario: non ti piace il demo del mio gruppo? Sei invidioso. Ma scusate, invidioso di che? Non l’ho mai capito. Lo capirei se si stesse parlando, non so, di Dan Bilzerian; ma degli Iron Maiden perché dovrei essere invidioso? Esistono milioni di gruppi musicali a sto mondo, perché dovrei essere geloso proprio degli Iron Maiden? Per essere invidioso dovrei, quantomeno, essere in competizione con gli stessi. Ho forse io un gruppo musicale? Suono forse io uno strumento? E anche se fosse, quale sorta di testa bacata e piena di candeggina potrebbe mai pensare di mettersi in competizione con gli Iron Maiden? Soggetti borderline da sit-com americana, orsù ditemi: di cosa esattamente dovrei essere invidioso? Perché dovrei essere invidioso degli Iron Maiden e non, boh, di un altro gruppo a caso? E perché questa invidia ce l’ho solo per i loro galattici ultimi dischi, mannaggia, e non per Powerslave? Com’è questo fatto, ditemelo voi amici! Secondo il vostro ragionamento, e invoco i Grandi Antichi dal loro sonno nelle profondità spaziali affinché possano risucchiarvi l’anima se non mi rispondete, secondo il vostro ragionamento dunque io non dovrei ascoltare NIENTE, visto che potrei essere geloso anche dei Gamma Ray o dell’ultimo gruppo scrauso che suona alle 8 di sera al Sinister Noise in apertura a qualche tossico giapponese alle soglie dell’overdose. Dai, mortacci vostra. Che noi tutti gli Iron Maiden li si è amati da sempre e li si amerà per sempre, che abbiamo polverizzato intere foreste per tutti i poster che abbiamo appeso in camera, e non ci saremmo mai sognati di disertare un loro concerto nel raggio di quantomeno 300 chilometri di distanza. E con ‘noi’ non intendo noi di Metal Skunk, intendo noi metallari nati tra il 1970 e il 1990 (suppongo). Come potremmo mai essere invidiosi degli Iron Maiden? Possiamo essere delusi, affranti, rassegnati per il loro tristo declino; ma invidiosi?

Il Maracanà dedica poi la sua ola più fragorosa a quei soggetti che hanno trasportato il concetto di HATERS dal mondo del rap al mondo del rock. Bravi, bravi. Un concetto intelligente, una cosa intelligente da dire. Un bellissimo mondo, peraltro, quello del rap. Pieno di gente intelligentissima, con tante cose intelligenti da esprimere. Tanto tempo fa, quando fiumi di latte scorrevano dalle montagne e gli alberi erano fatti di cioccolato con le nocciole, se i bimbi dicevano una cosa stupida i genitori mollavano loro un piccolo manrovescio sulla bocca, non molto forte ma neanche pianissimo, affinché il fanciullo la prossima volta pensasse meglio alle parole da pronunciare e non diventasse, da adulto, un coglione. Ecco: se un giorno mio figlio, in una discussione del genere, usasse la parola haters in questa stessa accezione, io mi ritroverò costretto a dargli un piccolo buffetto sulla bocca, non molto forte ma neanche pianissimo,così che da grande possa avere qualche chance di non diventare lo scemo del villaggio. Non mi dilungo oltre perché l’idiozia del concetto di haters, così come usato in questo contesto, spero sia evidente e immediato per tutti.

La mia opinione sul disco in sé è che è noioso e a tratti fastidioso, come già detto. Noioso perché mi sembra la solita sbobba riscaldata degli Iron Maiden da un po’ di anni a questa parte, e fastidioso sia perché troppo lungo sia per la peggior prestazione vocale della carriera di Bruce Dickinson, che si sforza perennemente di tenere tonalità altissime che non riesce più a tenere, tanto che il primo moto è di tenerezza nei suoi confronti e il secondo, e definitivo, è di fastidio perché non posso stare un’ora e mezza a sentire a te che ti strozzi per fare la caricatura di quello che eri e che, nei nostri cuori, comunque continui a essere. Ti vorremo sempre bene, Bruce Bruce, anche se certe volte ti comporti un po’ da borioso inglesotto pizzarrone. Prestazione vocale a parte i buoni spunti qua e là ci sono, ma non sono mai niente di eccezionale e purtroppo galleggiano in quest’ora e mezza di mattone di disco. La meno peggio è The Red and the Black: è il pezzo più vicino a The X Factor, che è del 1995, e forse lo hanno chiamato così perché volevano ricordare di quando il Milan era forte. Non mi dilungherò oltre sul disco sia perché lo ha fatto già Charles sia perché è su Spotify da settimane e l’avrete già ascoltato tutti fino alla nausea. Se non l’avete fatto, comunque, non vi state perdendo niente.