Ogni giallo che si rispetti ha un morto, un commissario, un paio di poliziotti, magari un uomo e una donna, la seconda possibilmente carina, molto carina, una serie di sospettati e il colpevole; solo che a volte il colpevole non è poi così colpevole, le storie non sono così lineari come si vorrebbe, e alla fine ci si ritrova a giustificare l’assassino, capiamo il commissario, soffriamo assieme a lui, e vorremmo scappare anche noi dalllo schifo quotidiano.
Tra la narrazione veloce del romanzo, e l’abilità della scrittrice nel portare il lettore verso la soluzione, colpisce la fragilità del protagonista, il commissario Bertoli, il buono, impaurito dalla malattia, sua ma non solo, e dalla solitudine, capace di vedere oltre ogni schema e contemporaneamente di farsi da parte se necessario. Un personaggio complesso, mai scontato, capace di andare oltre gli stereotipi del super poliziotto perché umano fino al midollo, troppo umano per fare il poliziotto.
“Ma come cavolo si fa a raccontare il ritrovamento di un cadavere esordendo con niente? Adesso è di moda cominciare a parlare di qualcosa di importante, a volte tragico, esordendo con niente. È diventata una mania collettiva.
Siamo nell’epoca del niente, si disse Bertoli.”
Anna Frosali
Edito Abel Books