Quando scopri che le tue belle qualità e i tuoi brutti difetti sono ombre del passato e del futuro, il tuo presente diventa trasparente, se ne vola via a gravità zero, senza niente che ti ancori a terra.
E l’esserci davanti ad un tramonto in inverno non ha più la sua intrinseca voglia di perdersi per trovarsi, di lasciare fluire le mani ad afferrare il segreto della trascendenza. L’alienazione dal proprio corpo diviene compattamente possibile e l’anima si ritrova dolorosamente all’addiaccio, su un liscio marmo di ricordi ad ascoltare un silenzio vuoto.
Lo spazio delle possibilità diventa così infinitesimo da non riuscire a percepirne la fine, così come lo spazio della tua umanità su questo pianeta, così drasticamente popolato.
E prima di te e dopo di te, te. Una moltitudine di te, come in un effetto doppler allo specchio, spostando a velocità infinita la tua esistenza nel tempo. E la coscienza? Che te ne fai della coscienza? E’ come una palla che rimbalza dentro una scatola cranica, un ammasso chimico ordinato e strabiliante, buono come pezzo pregiato da museo.
E fra le mani ti rimane una strana polvere d’oro, rilucente come diamanti, che tieni come la prima sabbia di un bimbo, aspettando una clessidra da riempire.
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