La stragrande maggioranza dei romanzi, anche quelli con un buon riscontro di critica e di lettori, vende qualche migliaio di copie. In un Paese di 60 milioni di persone non sono certo dei déjà vu. Quindi spesso non è un motivo commerciale o qualitativo che li fa sparire dagli scaffali, ma il diabolico bisogno di sfornare in continuazione titoli nuovi per occupare gli spazi delle librerie, nella speranza di centrare il libro da un milione di copie. Lasciando sul campo molti libri che meriterebbero di diventare dei classici. E qui interviene il buon senso. In una piccola/media casa editrice indipendente, un libro ben scelto e ben fatto rappresenta un notevole investimento, sia nella sua realizzazione sia nella sua promozione, dunque la durata temporale è un elemento economico fondamentale. Ma l’aspetto che mi urta di più è un altro: di rado si pensa che dietro a un libro che sparisce non c’è solo un danno economico per l’editore, ma un danno ‘esistenziale’ per l’autore. Un libro non è solo un oggetto che si fabbrica, si vende, si legge, si butta.
È un pezzo d’anima dell’autore. Una fetta importante della sua vita lavorativa.
Tutto ciò è tanto vero quanto triste.
È vero che ci sono tanti libri "abbandonati" che meriterebbero grande fama ("Lo Specchio di Atlante" di Bernardo Cicchetti, ad esempio).
È anche vero, però, che potrebbero esserci devi futuri classici non ancora pubblicati, dei romanzi ottimi (e vendibili) in mano a esordienti o scrittori in erba. Non pubblicarli sarebbe un crimine.
Una possibile soluzione al problema dello spazio e della visibilità nelle librerie potrebbero essere gli ebook. Peccato che attualmente influiscano minimamente nel mercato editoriale. Ci impegnano ad ampliare questa fetta o no?
Altro problema: le librerie sono piene di immondizia che toglie spazio a romanzi di ben altro valore.
Quando smetteremo di seguire le mode e consumarle in pochi mesi? Quando smetteremo di essere pecore e impareremo a essere pastori? Quando smetteremo di cercare il successo "usa e getta"?
Ad ogni modo, voglio applaudire la "Instar Libri" per il rispetto che nutre nei confronti degli autori. Cosa rara in un campo che ormai non ha lungimiranza e cerca solo il guadagno facile nel brevissimo termine. Questo prima di venire cestinasti per poi passare alla prossima moda passeggera.
Ma l’aspetto che mi urta di più è un altro: di rado si pensa che dietro a un libro che sparisce non c’è solo un danno economico per l’editore, ma un danno ‘esistenziale’ per l’autore. Un libro non è solo un oggetto che si fabbrica, si vende, si legge, si butta. È un pezzo d’anima dell’autore. Una fetta importante della sua vita lavorativa.
Parole sante!