BIOGRAFIA. Matias Almeyda è l'autore del momento, la sua biografia è appena uscita e già fa parlare di se come una bomba pronta ad esplodere. Dichiarazioni shock e indiscrezioni taciute per anni che escono nelle 300 pagine della sua biografia intitolata "Almeyda, Anima e Vita".
PARMA. Le dichiarazioni riguardanti il doping sono le più pesanti, soprattutto nel periodo in Emilia: "A Parma ci facevano una flebo prima delle partite. Dicevano che era un composto di vitamine, ma prima di entrare in campo ero capace di saltare fino al soffitto. Il calciatore non fa domande, ma poi, con gli anni, ci sono casi di ex calciatori morti per problemi al cuore, che soffrono di problemi muscolari e altro. Penso che sia la conseguenza delle cose che gli hanno dato".
INTER. Anche nel periodo all'Inter le dichiarazioni sono di quelle che ti fanno riflettere: "Due infortuni, troppo tempo senza giocare. Pensavo e pensavo. Un giorno non sentivo più la mano, quello dopo avevo perso la sensibilità nella metà del corpo. All'Inter c'era una psicologa. Mi diagnosticò attacchi di panico e prescritto una cura, ma non le ho dato retta. Ho capito che dovevo fare qualcosa quando mia figlia mi ha disegnato come un leone triste e stanco. Da allora tutti i giorni prendo antidepressivi e ansiolitici. Le chiamo le pillole della bontà, mi fanno essere più buono". Ma le parole più forti devono ancora arrivare: "Per tutta la carriera ho fumato dieci sigarette al giorno. Anche l'alcol è stato un problema. Bruciavo tutto negli allenamenti, ma vivevo al limite. Una volta ad Azul, il mio paese, ho bevuto cinque litri di vino, come fosse CocaCola, e sono finito in una specie di coma etilico. Per smaltire, ho corso per cinque chilometri, finché ho visto il sole che girava. Un dottore mi ha fatto 5 ore di flebo. Sarebbe stato uno scandalo, all'epoca giocavo nell'Inter. Quando mi sono svegliato e ho visto tutta la mia famiglia intorno al letto, ho pensato che fosse il mio funerale".
CONCLUSIONI. Questo e molto altro nella sua biografia, parole di una persona che il calcio lo ha vissuto dal suo interno e a livelli altissimi. Lazio, Parma e Inter, in Italia, poi l'Argentina e ora è sulla panchina del River Plate. Accuse pesanti a club e medici sociali, a pratiche "usuali" che avevano poco di corretto e salutare, e poi tentativi di combine, atteggiamenti mafiosi che a Parma lo hanno costretto ad andare via nel 2002. Ci limitiamo a leggere e riportare, ma forse il calcio è più malato di quanto si possa pensare.
di Cristian Amadei