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Questo concorso non s’ha da fare. Lettera virtuale al ministro Profumo (di Vittorio Emanuele Esposito)

Creato il 11 dicembre 2012 da Cremonademocratica @paolozignani

Signor Ministro,
i test predisposti dal Suo Ministero per la pre-selezione dei candidati al Concorso a cattedra delle diverse discipline – pubblicati sul sito del MIUR per consentire agli stessi di esercitarsi, almeno, in vista di una prova dal contenuto insolito e imprevedibile- sono totalmente estranei ed eterogenei rispetto alle competenze che connotano la figura del docente della scuola di Stato[1] e come tali si configurano come non pertinenti e lesivi della dignità personale degli aspiranti all’insegnamento, ciascuno dei quali ha alle sue spalle decenni di preparazione culturale e didattica, compiute sui banchi di scuola e sulle cattedre, attraverso cui ha coltivato un’idea della professione insegnante, che non può essere smentita e contraddetta ex abrupto dall’innesto arbitrario e cervellotico di strumenti di misurazione/valutazione che nulla, proprio nulla, hanno a che vedere con questa e con qualsiasi altra professione socialmente codificata.

A meno che, in qualche luogo del potere, non sia stato deciso, all’insaputa dei cittadini, che i dipendenti pubblici, per esercitare i loro specifici compiti o funzioni, debbano essere preventivamente sottoposti a test d’intelligenza e che soltanto quelli che dimostrano di possedere un Q.I. dai 130 in su possano sperare di essere giudicati idonei per l’insegnamento. Ma, in tal caso, se davvero questo è il genere di «rinnovamento» cui si tende nel settore dell’istruzione, come negli altri settori della pubblica amministrazione, i primi a dover fornire questa prova di sé, dimostrando di essere “capaci e meritevoli” in base al criterio e al metodo di accertamento assunti dagli ideatori e dai promotori dell’attuale strutturazione del Concorso,– per quella coerenza che è tuttora, per molti, un principio etico prima ancora che euristico- dovrebbero essere i funzionari, gli alti dirigenti, gli ispettori, i Ministri, oltre che la moltitudine degli “esperti” e dei consiglieri che li attorniano.

In verità, per i magistrati giudicanti, qualcuno negli scorsi anni aveva già avanzato, da noi, l’ipotesi di un periodico controllo psicologico dell’equilibrio mentale, ma ora, senza preavviso, i futuri insegnanti (che non sono tutti filosofi, matematici o ingegneri) vengono chiamati ad un esame preliminare sulle loro abilità logiche prima di affrontare quello sulla concreta capacità di elaborazione della cultura generale e specifica e sulla capacità di organizzazione e trasmissione efficace dei contenuti disciplinari ( o, se si vuole, di «area») attraverso l’uso personale della pluralità dei «media», ormai diffusi ed accessibili a tutti.

E’ davvero un inedito e alquanto azzardato connubio tra suggestioni della docimologia, della psicologia cognitiva, della logica matematica, del calcolo delle probabilità e dell’insiemistica quello che sta alla base delle modalità concorsuali, adottate, al momento, soltanto per il reclutamento degli insegnanti; un connubio che nasce da un prevalente orientamento tecnicistico e da un’eclettica e tardiva ricezione di mode anglosassoni ormai al tramonto, rivelando una tendenza diffusa nelle alte sfere della burocrazia alla svalutazione della ben più vitale tradizione umanistica e del buon senso, insieme all’opzione piattamente pragmatica a favore di una cultura impersonale e standardizzata.

Se il problema che assilla i responsabili ministeriali è quello del numero soverchiante dei concorrenti rispetto ai posti di insegnamento che si renderanno liberi nel prossimo biennio, si abbia il coraggio di dirlo piuttosto che ingannare ancora migliaia di precari, costringendoli a nuovi inutili sacrifici.

Questo Concorso, infatti, così come è stato concepito, è una menzogna che si nasconde sotto il velo della scelta meritocratica, mentre il suo vero scopo è la selezione e l’esclusione di massa. Tanto valeva affidarsi al sorteggio di un numero ristretto di candidati, da sottoporre a prove serie e pertinenti.

L’intelligenza, ha scritto Muriel Barbery, l’autrice de «L’eleganza del riccio», non è un fine, ma «dimostra la sua esistenza con l’ingegno e la semplicità dei suoi frutti». Essa, inoltre, non coincide con le regole della logica formale, che determinano il funzionamento delle cosiddette, utilissime, «macchine pensanti», ma non quello della ben più complessa mente dell’uomo. Il soggetto umano, infatti, può apprendere queste regole e diventare, con l’esercizio, abilissimo nella loro applicazione, senza peraltro raggiungere alti livelli di intelligenza nella matematica, nella fisica, nella biologia, nelle scienze sociali, nella letteratura, nella filosofia, nella storiografia, nell’arte, nella comprensione, cioè, della realtà nei suoi vari aspetti e problemi.

Non è possibile infatti isolare il pensiero (umano) dalle conoscenze e dai problemi particolari che costituiscono l’oggetto della sua attività elaboratrice né dall’interesse o dalla passione che alimentano tale attività, dandole una direzione e un senso. La «comprensione», cioè, che è, relativamente a ciascuna materia disciplinare, l’ attitudine propria del docente, come di ogni altro professionista nel suo specifico campo conoscitivo, non è il risultato del ragionamento “logico”, ma è il ragionamento “logico” che scaturisce dalla «comprensione». Altrimenti nella scuola bisognerebbe mandare i cultori di enigmistica e di indovinelli, o, al limite, soltanto gli ingegneri.

Eppure dei 50 quesiti che i concorrenti dovranno affrontare ben 36 sono dedicati all’accertamento delle capacità di ragionamento “logico-deduttivo” e 35 su 50 devono essere le risposte esatte affinché il test sia giudicato valido per l’ammissione alle prove successive!

Senonché l’acquisto di tali capacità –che non equivalgono al «saper pensare»- è frutto dello specifico studio di una materia che non rientra se non marginalmente nei curricoli della scuola secondaria e non è presente nella stragrande maggioranza dei curricoli universitari. Tanto meno è esplicitamente indicata negli evanescenti programmi per l’abilitazione e il reclutamento degli insegnanti, noti soltanto agli addetti ai lavori. Infatti quello di “logica” (disciplina che oggi non coincide più con la logica classica, aristotelica, ma si identifica con la «logica simbolica o matematica») è un insegnamento, neanche sempre fondamentale, di alcune (pochissime) facoltà universitarie. Come si pretende che i laureati di tutte le altre facoltà si cimentino in quesiti di difficile decodificazione e interpretazione, avendo soltanto un minuto di tempo per rispondere? La prova, infatti, dura complessivamente 50 minuti .

E perché, poi, la «logica» e non la «teoria musicale» o la «teoria della forma e del colore» o la «cosmologia» o i «principi dell’alimentazione», e così via, dovrebbero essere assunti come denominatore comune della cultura dei futuri docenti? Forse che il milione di insegnanti italiani attualmente nei ruoli dello Stato sono da considerare inidonei all’insegnamento in quanto pressoché ignari della logica moderna e impreparati, dunque, alla risoluzione dei relativi quesiti? Ma questo si può immaginare soltanto all’interno di una ristretta cerchia di leader d’opinione, vittime di un falso pregiudizio oggettivistico, che non comprendono cosa significhi «pensare» e «insegnare», cioè sforzarsi di comunicare ad altri il proprio pensiero.

Sfido qualunque persona normale, che non appartenga all’esiguo numero degli iniziati, a capire e a rispondere, in un solo minuto, a domande di questo tipo, comprese in una batteria di 50, di tenore più o meno simile:

(507) «Se O allora H e se H allora M e solo se M allora N. Se la precedente affermazione è vera , allora è certamente vero che: A) se N allora H – B)se non M allora non O – C) Se N allora O – D) se M allora O

(583) «Se grotta=12, fauna=10, terreno=14, alluvione = A) 22 – B) 16 –C) 18 –D) 20

(151) «Se TUP significa cifra (singola) divisibile per 5, TAP significa cifra (singola) divisibile per 2 e TIP significa cifra (singola) divisibile per 7, allora con quale scrittura può essere espresso il numero 74? A) TUP TAP – B) TIP TAP – C)TAP TAP – D)TIP TUP[2]

Questi “TAP”, “TIP” e “TUP” possono essere presi come segni emblematici, non di una «società liquida», ma di una cultura in progressiva liquefazione.
Signor Ministro,
questo concorso deve essere sospeso per essere ripensato dalle radici, insieme a tutta la materia del reclutamento del personale scolastico per valorizzare e non umiliare ulteriormente quanti custodiscono un grande patrimonio culturale e umano e da tempo non hanno più modo di esprimersi.

Vittorio Emanuele Esposito

45.284833 9.845878

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