Tratto da Quel buco nero del quale non si parla
di Eugenio Scalfari, La Repubblica, 4 luglio 2010
“La conclusione è questa: quando un imprenditore che ha subìto fin dall’inizio della sua carriera un condizionamento e una soggezione mafiosa durata almeno vent’anni, conquista il potere, il suo obiettivo non può essere altroché quello di blindarlo, affievolendo tutti i contropoteri di garanzia e di libera informazione, asservendo il Parlamento attraverso una legge elettorale vergognosa, smontando l’indipendenza della magistratura, intimidendo la Corte Costituzionale, infine degradando la pubblica accusa retrocedendola dal ruolo giurisdizionale a quello di un’avvocatura che opera su commissione.
Questo è il quadro. La sentenza di condanna di Marcello Dell’Utri ne illustra le premesse e ne spiega la logica evoluzione. Per fortuna c’è ancora qualche giudice, c’è ancora un’opposizione, c’è ancora qualche giornale ad impedire che la democrazia si spenga sotto una cappa di piombo. E c’è un presidente della Repubblica che fa fino in fondo quello che deve fare.
Gli elementi per combattere una buona battaglia ci sono dunque tutti.”
Che dire? Speriamo che Scalfari non pecchi d’ottimismo. Nell’articolo del fondatore di Repubblica ci sono comunque due errori piuttosto pesanti. Il primo è relativo al fatto che il sistema di potere di Silvio Berlusconi, una commistione fra mafia, corruzione e potere elettorale, dura da almeno 34 anni e non da solo 20; il secondo errore è che il “porcellum”, ossia la legge elettorale vigente, non assegna al governo – come dice Scalfari – il potere di decidere le liste dei candidati al Parlamento, bensì ai vari partiti. Quindi le considerazioni che Scalfari fa sulle conseguenze della legge elettorale, conseguenze tremendi, sono meno gravi di ciò che lui elenca. La legge elettorale rimane una porcata quasi antidemocratica perché toglie all’elettore la possibilità di scegliere il suo candidato preferito, però assegna questo potere non certo al governo, ma alle segreterie dei partiti. Quindi, tecnicamente, non è ancora un regime. Lo sta diventando, per via del controllo del caudillo sui sistemi di comunicazione di massa, ma a quanto pare pezzi non poco importanti della sua maggioranza e del suo partito gli si stanno, finalmente e tardivamente, rivoltando contro.
Nei prossimi giorni potremo vedere come verrà giocata questa partita, se con armi democratiche oppure con armi militari. Sarà una mia sensazione, ma raramente siamo stati più vicini di oggi a una soluzione cruenta di una crisi politica.