Sempre più spesso si parla di violenza verbale e fisica nella coppia. Ma quali sono i meccanismi, le implicazioni di questo fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio?
Si possono trovare elementi autodistruttivi nella psicologia femminile: la donna molto spesso, nonostante l’evidenza crudele dei fatti, continua ad accettare una relazione ormai “morta” o a giustificare il compagno. E’ facile leggere, in questa modalità di relazione, aspetti sadomasochistici, rintracciabili anche nella dipendenza dagli stupefacenti o negli sport estremi, a discapito della propria integrità psicofisica. Gli elementi comuni sono: l’impossibilità di sganciarsi dalla relazione, la dipendenza affettiva e l’attrazione incontrollabile verso situazioni potenzialmente pericolose. Le frasi ricorrenti sono:
“non posso fare a meno di lui”
“continuo a pensare a lui anche dopo tutto quello che mi ha fatto”
“sono sicura che cambierà”
Ma queste giustificazioni servono a ben poco: la necessità inconscia di rimettersi in una situazione umiliante e spesso pericolosa è più forte dell’angoscia. E così, si ripetono gli stessi schemi distruttivi nell’interazione e nella relazione con il compagno. A volte si dice “da ora in poi sarà tutto diverso, non gli permetterò di dominare la mia vita, ho il controllo della situazione”; ma anche queste affermazioni sono una vera e propria illusione: come le persone che fanno uso di sostanze psicotrope, quando, dopo un periodo di astinenza, tornano all’assunzione, con la falsa convinzione di essere in grado di averne il controllo.
Alla base della violenza nella coppia manca un controllo attivo delle proprie pulsioni: l’altro non è una persona, ma è visto come un oggetto, uno strumento che serve per scaricare le proprie tensioni, utilizzando modalità arcaiche di risoluzione dei problemi. In modo simile, questo meccanismo è rintracciabile nella fase egocentrica infantile: il bambino non sa ancora tenere conto del punto di vista altrui e dell’ambiente che lo circonda. Invece , la capacità di entrare in relazione con l’altro presuppone il riconoscimento, l’accettazione degli interessi personali dell’altra persona e la comprensione dell’altro come individuo e non come oggetto.
a cura di Claudia Sposini, psicologa