Il fatto:
Il 19 marzo 2010, tra i due turni delle elezioni regionali, Jean-Luc Mélenchon (Partito della Sinistra / Left Front) partecipa ad una distribuzione di volantini davanti a una mensa nel XII-arrondissement di Parigi.
Uno studente della scuola di giornalismo di Sciences Po lo intervista sull’astensionismo, sullle prospettive per il secondo turno … e quando Jean-Luc Mélenchon richiama il titolo del quotidiano “Le Parisien” sulla prostituzione, lo studente chiede cosa ne pensa Mélenchon del problema.
Infastidito dall’imbecillità dell’aspirante giornalista Mélenchon perde le staffe.
Il video in cui Mélenchon illustra le sue ragioni qui
Questo invece l’articolo di Massimo Nava sul Corriere.it
Francia, il caso Mélenchon
«Giornalisti, teste bacate»
L’eurodeputato di sinistra aggredisce uno stagista
PARIGI – Che la politica, anche in Francia, abbia qualche problema con la stampa, è noto. Basta ripercorrere la sequela di screzi, irritazione, scambi di battute che ha visto protagonisti, in varie occasioni, i l presidente Sarkozy, alcuni ministri e deputati di ogni colore. Ma ciò che è avvenuto nei giorni scorsi, fra i due turni delle elezioni regionali, è un ulteriore segnale di nervosismo e regressione, con la complicità di blog e siti che ormai non perdonano nulla e che, soprattutto, non danno appigli a correzioni e smentite. Anche se, questa volta, il politico bersagliato si è difeso contrattaccando, nella presunzione di stimolare una riflessione collettiva su contenuti e metodi della stampa.
Protagonisti Jean-Luc Mélenchon, ex senatore francese, da gennaio deputato europeo, socialista dissidente, promotore di una formazione più a sinistra e vicina al partito comunista, e uno studente della scuola di giornalismo di Science-Po, la prestigiosa università parigina di scienze politiche. Lo studente, Felix Briaud, per fare pratica, intervista l’uomo politico. Il dialogo che ne segue, fra toni accesi e volgarità, potrebbe essere stato registrato al bar, fra due avventori qualunque, ma è la ricostruzione dell’«intervista» e finisce online: due minuti che obbligano Mélenchon a scusarsi e che, soprattutto, dimostrano ciò che il senatore (e probabilmente non solo lui) pensa della stampa, dei giornalisti e persino degli apprendisti.
In sintesi, Mélenchon esordisce stigmatizzando il «voyeurismo» di una certa stampa, che volontariamente o meno sarebbe a suo dire una concausa della disaffezione della gente dalla politica. Prende ad esempio il titolo di apertura di un quotidiano popolare (Le Parisien) dedicato al dibattito sulla riapertura delle case di tolleranza. «Tutti piangono lacrime amare sull’astensionismo (oltre il 50 per cento alle regionali, ndr), ma questo atteggiamento non può che portare alla catastrofe». Insomma — è l’invito — parliamo di cose più serie! Replica dello studente-giornalista: la prostituzione può essere un argomento interessante, è un dibattito sull’ipocrisia della nostra società. Mélenchon replica: «Se vuole parlare di queste cose trovi qualcun altro. Dignitas et Gravitas», dice. Poi, senza scomodare il latino aggiunge: «Con me parli di politica, questi argomenti di m… li usi con gente che vuol discutere di m…».
La traduzione non è letterale, ma rende il pensiero. Lo studente cerca di replicare, ma il senatore ha ormai perso le staffe: «Chiudi il becco, adesso voglio parlare io del tuo mestiere malato…». Lo studente: «Non capisco questa aggressività». Mélenchon: «È lei che è aggressivo, non se ne rende nemmeno conto, con la sua testa bacata ». Fine dell’atto unico colorito e grottesco, come a teatro. Jean-Luc Mélenchon, persona affabile e colta in privato, non ha certo il dono della comunicabilità pubblica. L’espressione del viso, arcigna, quasi sempre torva, non lo aiuta. Il dialogo in rete è un colpo micidiale. Sulle prime cerca di giustificarsi, facendo addirittura l’elogio del giornalismo («lo avrei fatto tutta la vita se avessi avuto la fortuna di trovare un posto») poi si scusa, argomentando con la stanchezza per la lunga campagna elettorale, ma infine contrattacca, dicendosi vittima di una trappola mediatica: «È chiaro, ho commesso un delitto di lesa maestà, ho attaccato la casta che si è scatenata contro di me».
Il bersaglio a questo punto non è più il povero apprendista giornalista, ma la corporazione, che nella visione «pedagogica» di Mélenchon non fa bene il proprio mestiere, non tratta di argomenti seri e contribuisce all’astensionismo. «Infatti — è l’invito del senatore sul suo blog—questo è il clima mediatico. L’episodio che mi chiama in causa è appunto un caso da scuola di giornalismo. Invito a diffonderlo, a discuterne. E più sarà diffuso, più sarà discusso ».
Video e repliche hanno ricevuto più di 140mila contatti. Non pochi blogger gli hanno dato ragione: «Mélenchon ha usato parole crude, ma giuste, su una deriva che esiste e che produce molteplici effetti politici e sociali disastrosi». E un altro: «Mi dispiace per il povero studente, bersaglio di eccessivo livore, ma al fondo sono d’accordo ». Non aggiungono se sono suoi elettori.
da Corriere.it