La strada che da Latacunga sale verso Zumbahua sembra uscita da una fiaba e ci si aspetta di vedere uscire da un momento all'altro degli elfi dalle case di paglia (sono tutte di paglia, come quella del primo dei tre porcellini). Ai birdi, piccoli campi strappati alla montagna, pecore e lama. A Zumbahua c'e' festa. Su un palco, un piccolo gruppo suona musica andina davanti a duecento cappelli e duecento ponchos, immobili. L'espressivita' e la partecipazione non sono la specialita' locale.Seduto nel cassone di un pick up che mi porta verso Quilotoa cerco di attutire come posso le buche della strada sterrata. Sale una famiglia che parla quechua. L'uomo si rivolge a me in spagnolo facendomi le classicissime domande (da dove vengo, quando sono arrivato in Ecuador, se mi piace il posto). Mi chiede anche quanto costa l'aereo per l'Italia e se e' difficile tornare in Ecuador senza documenti. In poche parole gli spiego i problemi legati all'immigrazione (legale e non), ma sono poco convincente. Quando ho finito dice "si', mi sa che parto". Scende di fronte a casa sua - nel mezzo del nulla - e ripete "si' deve essere bello, perche' no?". Prende in braccio la figlia, aiuta la moglie a scendere dal pick up e scompare in una nuvola di polvere.A Quilotoa ci sono quattro case e dieci hostales senza molti vezzi. Piu' in alto del paese c'e' un enorme cratere vulcanico riempito da un lago color smeraldo. Sul sentiero che sale e scende in cresta non c'e' quasi nessuno: una coppia tedesca e due uomini dall'aria stanca.
Il sentiero che da Quilotoa va Chugchilan dovrebbe essere in teoria segnalato da frecce blu. In realta' al primo bivio ci si perde e si continua perdendosi tra campi di patate, casette di campesinos, alberi e pascoli. Di tutte le persone a cui chiedo indicazioni, solo un signore seduto nell'aia a sbucciare fave mi da' l'informazione senza proporsi come guida o chiedere soldi. Questa e' una zona povera: c'e' solo montagna, freddo e agricoltura di sussistenza. In pochi traggono beneficio dal turismo, gli altri ci provano a modo loro vendendo artigianato, proponendosi come guide o semplicemente facendo la carita', diventando cosi' ancora piu' poveri. Perche' la poverta' non e' solo mancanza di soldi, la poverta' e' soprattutto la perdita di dignita'.
Chugchilan e' un micro-paesino attaccato alla montagna con una chiesetta, una piccola piazza e molte facce bruciate dal sole di bambini quechua che mi guardano passare incuriositi. Quando mi siedo nel parque, si avvicinano e la prima parola che pronunciano e' un dolar. Faccio lo stupido e chiedo se vogliono darmi un dollaro, perche' mi farebbe comodo. La cosa li spiazza, come la domanda che faccio loro "perche' dovrei darvi un dollaro?" (risposta "per comprare delle cose"). Dopo un po' smettiamo di parlare di micro-finanza e mi raccontano storie di Power Rangers, di un loro amico che ha ben 12 anni (!) e della scuola che fanno. Sono ridiventati bambini.Un po' fuori dal paese ci sono vari cartelli di organizzazioni non governative, tra cui Terres des Hommes Italia e Operazione Mato Grosso. I cartelli della Commissione Europea parlano di acqua per consumo umano, reforestazione, ovini migliorati e rinforzo organizazionale, ovvero l'ubiquo capacity building che appare come il prezzemolo in ambito di sviluppo.Il bus per tornare a Latacunga dovrebbe partire alle 3 di mattina. Alle 3 e mezza due figure insonnolite si alzano dal corridoio del bus, accendono le luci e fanno entrare i passeggeri intabarrati. Nel buio della notte, illuminato solo da un mare di stelle che - a 3000 metri di altitudine - sono piu' vicine, il bus scende per la strada sterrata frenando e stridendo. Sale una donna con un bimbo legato sulle schiena, un uomo carica sul tetto prodotti da vendere al mercato, sale una coppia avvolta da una coperta fino alle orecchie. Poco a poco sorge il sole, la strada si fa meno ripida, arriva l'asfalto. Alle 7 di mattina si ferma in una stazione spettralmente vuota, sotto un cielo plumbeo.Desarrollo