Poi bisogna pure dirlo: per avere autostima bisogna specchiarsi e riconoscersi virtù mature. Come può avere virtù mature chi pensa solo a crescere, a superarsi, chi si vede come un ostacolo tra ora e la prossima tappa? Ma soprattutto: come ci si può aspettare umiltà da parte di chi continua a individuare gli snodi fondamentali che lo caratterizzano in cose vecchie, vecchissime, datate e ingenue?
D'altro canto, prendiamo l'io. Sarò forse l'unico a considerarlo una prova di modestia e di responsabilità? Io non capisco come dire io possa essere prova di arroganza, non lo capisco: mi sembra anzi che circoscrivere il soggetto consista nel lasciare agli altri la possibilità e la libertà di pensarla diversamente. Non è forse questo il portato maggiore del salto nel buio tra il superomismo tardoromantico e l'inettitudine del Novecento? E poi ci sono quelli che non vogliono essere coinvolti. Ma questo è un altro capitolo e riguarda il "tu".
A chi mi domandasse allora quale sia il valore di un parere isolato, così circoscritto, risponderei che è proprio di essere un'opinione altra, il più possibile sincera e sensata. Niente di più, ma - scusate - niente di meno. Essere sinceramente un altro, ma esserci. Non capisco quelli che vogliono per forza andare d'accordo: l'accordo ha, per me, il solo valore operativo, ma per i robot intransitivi e asociali di oggi, le idee - se hanno il coraggio di spendersi fino in fondo (e se si vuole anche consumarsi) nella vita di tutti gli altri - è bene che siano il portato più originale possibile, il contributo della nostra esistenza al mondo circostante. La vera prova che tutti, anche se non siamo geni, esistiamo e ci spendiamo. E diamo.
Ciascuno di noi è irriducibile. Siamo liberi e oziosi. Ho un ego molto grande, ma il suo rovescio ha una sua ragion d'essere e sta nel fatto che quest'ego è l'unica forma possibile in cui si possa vivere tra gli altri, diluirsi nella vita e nel più totale, ma fecondo, anonimato. Odio la fama, la moda è troppo effimera: io penso in grande e punto all'eternità a cui è destinato chi sparisce.