Un bel giorno House si presenta a casa dicendomi – “Fai le valigie che andiamo a vivere in Canada!” – (bè non proprio così, ma il senso è questo), ora che sono qui ogni tanto mi trovo a riflettere “Ma io, nella mia vita pre-expat, ho mai pensato seriamente di trasferirmi altrove?”.
Si, ci ho pensato milioni di volte, non perché non mi trovassi bene in Italia impegnata nel mio tran tran quotidiano, nemmeno per necessità economiche. Ci ho pensato perché amo viaggiare e sognare ad occhi aperti davanti ad una finestra, ma con i piedi ben piantati a terra.
Durante i miei viaggi, e sia ben chiaro che viaggiare non è sinonimo di espatriare, ho cercato di immergermi appieno nelle culture, nelle tradizioni, negli stili di vita dei paesi in cui ero in visita. Non volevo dare nell’occhio, non voler far capire di essere una turista, volevo mimetizzarmi e mescolarmi nella popolazione. Non copiando banalmente usi e costumi, ma apprendendoli. Non volevo lamentarmi della pasta servita scotta (come ho visto fare ad alcuni miei connazionali), volevo assaporare il cibo “straniero” fare in modo che divenisse parte di me. Come se una saltenias potesse rendermi un po’ boliviana, un hamburger più americana, un dolce con pistacchi e miele più libanese, la carne di cammello un po’ egiziana.
Tutto per curiosità e sete di conoscenza. Perché non si possono apprezzare le diversità culturali di paesi lontani dal nostro se non si conoscono a fondo. Solo vivendo queste differenze, che ci paiono strane, incomprensibili, o alla peggio dire stupide, possiamo capire quanto siano affascinanti in realtà e cosa si nasconda veramente dietro ad un inchino, un divieto assurdo (per noi) o un cibo speziato. Criticare il “diverso” è sempre facile, anche se spesso è semplicemente sintomo di paura dell’ignoto, paura di ciò che non si conosce. Molto più difficile è fermarsi, prendersi il tempo necessario per scoprire nuovi stili di vita cercando di comprenderli.
Dove mi sarei trasferita? India, Thailandia, Giappone e Cina mi hanno sempre incuriosito, così come Australia, Nuova Zelanda e i paesi del Nord Europa. Cosa avrei fatto? Mi reinvento ogni giorno qui, avrei fatto lo stesso ovunque cercando un lavoro. L’importante è avere spirito di adattamento, in caso contrario anche uscire di casa nella propria terra natia risulta difficile.
Perché non sono partita per una delle destinazioni elencate sopra? Perché la vita ti porta a fare scelte diverse. Alla fine mi sono trasferita ugualmente, per seguire mio marito, e anche se la meta non è stata prescelta da me, ho ugualmente scelto di farlo. Inoltre il Canada è sempre stato al primo posto della nostra classifica “meta per la prossima vacanza”; ora sono qui, non sono in vacanza e ritengo che questa sia un’ottima opportunità per tutti noi. E me la voglio vivere tutta, nel miglior modo possibile, affrontando sia i giorni difficili che quelli positivi.
Ed ecco che l’altro giorno Mimma crea tra le mogli-donne expat, collegate fra loro dalla rete internet (e da un filo invisibile di comprensione), un traffico mondiale di risposte, commenti e condivisioni , con il suo post Il contratto della moglie expat, contratto che tutte noi abbiamo “virtualmente” firmato. Noi abbiamo seguito i nostri mariti, i mariti hanno seguito il loro lavoro (firmando un contratto reale!). Ma se non avessimo dovuto seguire loro (e il loro lavoro) noi ci saremmo mai trasferite all’estero? Avremmo mai lasciato l’Italia? Ho quindi posto la mia domanda a Mimma e a Drusilla, due simpatiche amiche expat che vivono in Kuwait, autrici del blog Mamme nel Deserto . Ecco le loro risposte:
Mimma: “Io ho sempre e solo sognato di vivere a Milano. A 12 anni ci andai per trovare lo zio che viveva li. Fu amore a prima vista. Credo sia stata la cosa che più ho desiderato nella mia vita: Trasferirmi dal paesello pugliese nella città più interessante che ci sia. Li ho studiato, ho trovato gli amici del cuore, un buon lavoro. Non ho mai desiderato di vivere all’estero. Mi piaceva troppo la mia vita. Certo a volte sognavo New York, ma nulla di concreto. Pensa che gli amici mi prendevano in giro che io oltre la prima cerchia milanese non mi spostavo. Lasciai un fidanzato figo perché era di Firenze! Mica potevo lasciare la mia Milano. Quindi ti lascio immaginare lo sconcerto di scoprire che mio marito stava a Dublino. Poi poi… Bè lo sai com’è finita!”
Drusilla:“ Nella mia vita pre-expat ho sempre pensato di partire. Io e mio marito abbiamo iniziato a frequentarci molto giovani e abbiamo sempre avuto il desiderio di andarcene dall’Italia, diciamo che avevamo voglia di andarcene da una piccola realtà di paese della Pianura Padana che spesso ti fa soffocare. Dopo la lauree ci siamo fatti il working holiday visa per andare in Australia e siamo partiti. Anche se siamo resistiti poco meno di tre mesi, quell’esperienza ci è servita a capire che volevamo veramente andarcene. I motivi sono i più vari: curiosità per ciò che c’è nel mondo, voglia di cambiare totalmente stile di vita e poi a seguire c’è stato il fattore economico ma quello è arrivato veramente dopo. Il nostro sogno è e rimane sempre la Nuova Zelanda, non chiedermi il perché, anche se purtroppo si trova dall’altra parte del mondo e quindi logisticamente parlando diventerebbe difficile gestire genitori e parenti”.
Rigiro nuovamente la domanda anche alle altre donne expat. Se non aveste seguito i vostri mariti, avreste mai pensato di trasferirvi all’estero? E se si, dove? E voi amici in Italia?
Mentre ci pensate io vi aspetto qui, a Maupiti. ;)