Nei giorni scorsi è stato dato il via libera definitivo alle quote rosa nei consigli delle Regioni, la norma prevede che dalle prossime elezioni almeno il 40 per cento dei consiglieri siano donne.
La norma ha suscitato polemiche varie, in particolare da parte di 32 deputate del Movimento Cinque stelle. In pratica hanno votato a favore 334 deputati, i contrari sono stati 91 e 21 gli astenuti. Lega, M5s e Ala hanno votato contro. Conservatori e riformisti e Fratelli d’Italia si sono astenuti.
In sintesi, fra le motivazioni di coloro che si sono opposti al decreto normativo, ricorre l’inutilità del trattamento di favore per le donne in virtù di una meritocrazia:
“E’ una legge discriminatoria verso le donne, non devono essere favorite, ma avanzare per merito”.
Oppure: “Io voglio essere eletta perché lo merito, non perché rientro in una categoria protetta”
Personalmente ritengo che in un paese civile con un consolidato rispetto per la parità fra uomo e donna, questo sarebbe più che giusto e non si porrebbe davvero il problema della carenza di donne nei luoghi di potere istituzionali.
Il problema si pone invece nel nostro paese, dove il maschilismo imperante e ossidato, difficilmente favorisce la nomina di donne in politica, e se si osserva il panorama politico troviamo che le donne sono in netta minoranza.
Eppure ad un’analisi sui titoli e sulla carriera, è lampante che spesso le donne scese in politica ed elette nelle istituzioni sono di gran lunga più istruite e scolarizzate dei loro colleghi maschi, da ciò si evince la difficoltà da parte delle segreterie di partito e dei collegi nominali, di favorire nell’ascesa alle cariche le donne rispetto ai colleghi uomini.
Quindi, fino a che in Italia non sarà superata la propensione maschilista verso la nomina delle donne, ben vengano norme che lo decretano, altrimenti sarà molto difficile per il genere femminile riuscire ad accedere ai consigli regionali e ad altre cariche politiche.
Se fossero osservati il diritto e il principio meritocratico, non ci sarebbe bisogno di alcuna norma, dato che i canditati e le candidate avrebbero pari possibilità di emergere in base ai loro meriti, ma lo scenario a cui assistiamo di continuo in politica e non solo, ci offre una visone ben diversa, fatta di maschilismo e pratica clientelare.
In conclusione, se le quote rosa riescono almeno in parte ad abbattere questo triste modus operandi della politica italiana ben venga, almeno fino a quando non e ce sarà più bisogno, e la parità di opportunità tra uomo e donna diventerà un dato di fatto.
Silvia Lorusso alias Penelope
Riquadro che cosa dice la legge:
1) qualora la legge elettorale regionale preveda l’espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60% del totale e sia consentita l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l’annullamento delle preferenze successive alla prima;
2) qualora siano previste liste senza espressione di preferenze, la legge elettorale disponga l’alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60% del totale;
3) qualora siano previsti collegi uninominali, la legge elettorale disponga l’equilibrio tra candidature presentate col medesimo simbolo in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60% del totale.