RACCONTAMI (16) – “Nessuno può portarti un fiore” di Pino Cacucci

Creato il 02 maggio 2013 da Sulromanzo

Gli altri “ribelli” di Nessuno può portarti un fiore

Pino Cacucci aveva già narrato di utopisti e rivoluzionari in Ribelli! (Feltrinelli, 2001) e prosegue su quel percorso in Nessuno può portarti un fiore (ancora Feltrinelli), ridando voce a partigiani, sovversivi e borderline: «raccontare di anarchici è anche un modo per contrastare l’ottusità di quanti usano questo ideale di emancipazione come sinonimo di caos». Con una narrazione piana e lineare, Cacucci raccoglie sette biografie romanzate e crea un’opera organica non dissimile, se non per la maggiore estensione narrativa e per un taglio più didascalico, da Mosche d’inverno di Eugenio Baroncelli.

In Antonieta ripercorre la breve e fulgida esistenza di Antonieta Rivas Mercado, passionale mecenate messicana, morta suicida nel 1931 e poi finita in una fossa comune: da qui il titolo della raccolta – poiché, appunto, nessuno sa dove sia sepolta, né può recare omaggio alle sue spoglie. In Sylvia il perno della storia è l’assassinio di Tročkij, di cui Sylvia Ageloff si trova a essere ignara complice. Ancora una donna, la partigiana Edera De Giovanni, è protagonista del terzo racconto, l’ultimo che ha per titolo il semplice nome proprio del personaggio principale. Anche L’inafferrabile Lulù ha come scenario la Resistenza italiana: Louis Chabals, nato a Lione da una famiglia ebrea, dopo il 1943 divenne una leggenda tra le Langhe, dove imperversava tra le linee nemiche approfittando della sua conoscenza del tedesco e dell’abilità nel camuffarsi; se poi l’uccisione per mano dei suoi compagni sia stata un tragico incidente o meno, l’autore lo lascia in sospeso. Horst Fantazzani è il bandito gentiluomo, nonché lo sfortunato recluso, di Ormai è fatta, Horst, ma ancor più nota è la figura di un altro fuorilegge, Sante Pollastro, a cui Cacucci ha dedicato Il ciclista con la pistola e De Gregori la celebre canzone Il bandito e il campione.

L’ultimo dei sette racconti, E in cuor mio, non vi ho più perdonato, in realtà è un romanzo breve che prende le mosse dalla persecuzione dei sovversivi degli anni ’20 negli Stati Uniti e dall’ignobile assassinio del tipografo anarchico Andrea Salsedo, a cui dopo pochi anni seguirà la condanna a morte di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Salsedo, irriso e torturato dagli agenti del Bureau of Investigations (che sarebbe poi diventato l’FBI), è reo di aver dato alle stampe l’autobiografia di Clément Duval e, dopo le prime pagine, è sulle vicissitudini di quest’ultimo che si concentra la narrazione. Condannato ai lavori forzati sulle “Isole della Salute”, dopo una miriade di falliti tentavi di evasione, Duval riuscì ad approdare alla Guyana inglese e infine negli States, dove ormai anziano accolse l’invito a scrivere le proprie memorie.

Con Nessuno può portarti un fiore Cacucci si è aggiudicato il Premio Chiara 2012, convincendo dunque prima la giuria tecnica, successivamente la giuria popolare, e sbaragliando gli altri due illustri finalisti: Sandro Veronesi con Baci Scagliati Altrove (sulla cui vittoria avevo scommesso) e Niccolò Ammaniti con Il momento è delicato. Senz’altro la sua è una lettura piacevole, con puntuali richiami a una realtà storica che appare oggi molto più lontana di quanto non sia, eppure, possibile che nessuno sia rimasto un po’ indisposto da alcuni eccessi retorici? Che nessuno sia stato infastidito dallo stile agiografico con cui Cacucci più che riscattare alcuni personaggi finisce per innalzarli alle soglie del Paradiso?

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