In fondo l’Islanda è un altro continente, un punto d’osservazione privilegiato sul dietro-le-quinte della Terra, un’officina geologica in azione, un viaggio nel tempo oltre che nello spazio. Tutta la solitudine che meritate di Claudio Giunta con fotografie di Giovanna Silva parla di Islanda avvicinandosi all’isola con lo stile polifonico che contraddistingue la collana di narrazioni creata da Quodlibet insieme a Humboldt, editore milanese di raffinatissimi (per materiali, grafica, struttura e concezione) libri di viaggio.
Per polifonico intendiamo composto di testimonianze, documenti e voci diverse accostati in modo non organizzato, lasciando spazi e linee di faglia tra i frammenti. Tra l’altro il sito di Humboldt comprende un blog tutto da leggere (www.humboldtbooks.com/category/contributions/, una raccolta di reportage/narrazioni (anzi: progetti), con fotografie.
Ma torniamo all’Islanda.
«La costa dell’Islanda appare al finestrino una mezz’ora prima dell’atterraggio, l’aereo la segue per un tratto da est a ovest – perché l’Islanda è sì a nord ma è soprattutto a ovest, la Groenlandia è lì a un passo, il Canada non è lontano – e per una ventina di minuti quello che si vede è solo terra scura, montagne coperte di ghiaccio e il pennacchio di qualche geyser, che potrebbero anche essere soltanto nuvole basse. Le case cominciano più tardi. Ciò che si vede è ciò che si vedeva diecimila anni fa, ed è anche un annuncio di quella che, uscendo da Reykjavík, è la parte più memorabile di ogni esperienza islandese: ci si trova spesso da soli. [...] E la solitudine si sente, anche: densità di 3 abitanti per chilometro quadrato significa che l’unico rumore che si avverte, arrivando nei villaggi lungo la costa, è il ticchettio degli stralli che sbattono contro gli alberi delle poche barche a vela attraccate nel porto».
Leggete qui alcune recensioni di Tutta la solitudine che meritate.